Trascrizione dell'articolo:

"Il Re è nudo - la politica, l'omosessualità, il rapporto con la stampa, la rivalità fra i membri della band. Alla vigilia del suo esordio solista, Freddie Mercury si raccontava in questa lunga intervista- Svelando vizi e virtù di una vita da star"

pubblicato su Rock Star - Collana Tribute - Queen - Novembre 2006

Per approfondire:

- Freddie Mercury - l'uomo che vorrebbe essere una regina - Intervista del 1981

- Freddie Mercury - L'intervista con Mary Turner - 1984

- Freddie Mercury - L'intervista con Lisa Robinson

- Freddie Mercury - le interviste con David Wigg

- Freddie Mercury - The Limousine Interview

 

 

 

Dopo mesi di negoziazioni e vaghe promesse e la tipica data cancellata finalmente l’intervista a Freddie Mercury ha avuto luogo al Musicland, Monaco, lo studio nel quale sono state realizzate la maggior parte delle registrazioni dei Queen e dove attualmente il cantante sta lavorando al suo primo album solista. Mentre nella stanza accanto Mack lavora ad un remix di ‘I Want To Break Free” per un singolo su 12”, noi abbiamo parlato a lungo seduti ad un tavolo minuscolo illuminato da una lampadina. Sembra la tipica scena da interrogatorio da film. Lui, l’interrogato, all’inizio non sembra granché in linea con l’immagine che se ne dipinge in giro, quella dello sbruffone stravagante. Ma poi, nel corso dell’intervista, si rilassa facendosi sempre più schietto ed esplicito. Una volta terminata l’intervista, mi fa ascoltare una selezione di canzoni ancora incomplete, che andranno a finire sull’album solista. “Suonano tutte come delle Hits, vero?” Ridacchia spassosamente Fred, ed è difficile mettersi a discutere con lui.

In un’intervista recente, Roger Taylor ha descritto The Works come un tentativo di dare ai fan dei Queen quello che vogliono. Anche tu la pensi così?

Noi proviamo sempre a dare ai fans quello che vogliono, ma non è esattamente così. O almeno, non è andata così per l’intero album, ma solo per alcune canzoni. Ok, è stato un tentativo di tornare alle radici. La gente si lamentava che da tempo i Queen non sfornavano materiale in linea con quello per cui sono noti. Ma io mi sono seduto un attimo e ho pensato: “Ok, ma per cosa sono noti i Queen?”. Si, per Bohemian Rhapsody sicuramente. Ma da allora abbiamo fatto tante altre cose diverse, come Another One Bites The Dust” per esempio. In ogni caso, no, non c’è stata una precisa strategia dietro The Works. E’ venuto fuori così, semplicemente, con tutti noi quattro coinvolti nella composizione. E’ allora è anche molto naturale che risulti così vario. Non si tratta comunque di un concept album, non ne abbiamo più fatti dai tempi di A Day At The Races e A Night At The Opera, quando c’era davvero un concept dietro la musica. Abbiamo intitolato l’album The Works perchè, semplicemente, questo è il nostro lavoro.

Per un pò di America siete riusciti a catturare anche il mercato della musica nera con una canzone come Another One Bites The Dust. E’ stata una sorpresa.

Assolutamente. Non ci sarebbe mai venuto in mente. Voglio dire, provare intenzionalmente a scrivere una canzone capace di conquistare il mercato nero.  Si tratta di un pezzo venuto in mente a John, una canzone che senza saperlo è riuscita in un colpo solo a oltrepassare le frontiere. Con Hot Space abbiamo riprovato consapevolmente a scrivere musica dedicata al mercato della musica nera ma la magia non ha funzionato come la prima volta. Comunque non credo molto a etichette di questo genere: musica fatta per i neri. Secondo me è tutta questione di fortuna. Una canzone può andare bene o andare male. Tutto qui.

Ascoltavate gruppi come gli Chic quando avete fatto irruzione nel campo della disco music?

No, pensa che in quel periodo io ascoltavo solo vecchi cantanti soul. Tipo Aretha Franklin che ho sempre adorato o Marvin Gaye. Mi piacciono molto i beat, gli accenti ritmici. Oggi non compongo più musica complessa come in passato, fatta di sfaccettare e strati molteplici. Mi piace la libertà che mi lascia la musica funk nera. Credo che la mia voce si adatti benissimo a quel genere di sonorità e ne esca esaltata. Negli ultimi anni mi sono sempre sforzato di sfondare con la voce il muro delle chitarre…”

 

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So che al momento stai lavorando con Michael Jackson.

Si, da circa un anno. Ma non ne è venuto fuori ancora nulla, perché siamo entrambi molto impegnati. Per ora abbiamo in mano solo tre canzoni, neanche finite. Una di queste si chiama Victory e quel farabutto sai cosa ha fatto? Ha chiamato il suo nuovo disco Victory! Non credo comunque che si sia tenuto la canzone per sé, includendola nel disco. Almeno lo spero. Se dovesse farlo mi incazzerei terribilmente e gli farei causa!

Ma ti piace lavorare con altri cantanti? In un’intervista che feci a Brian May, mi sembrò infastidito quando gli chiesi della collaborazione con David Bowie per Under Pressure.
 

E’ interessante che tu gliel’abbia chiesto. E’ una domanda che fa luce su alcuni aspetti  del nostro carattere. I commenti di Brian ovviamente riguardano solo lui, ma sono benvenuti. Io posso dirti che mi sono trovato benissimo a lavorare con lui. Sono affascinanti le dinamiche che si mettono in moto nell’incontro tra personalità artistiche diverse. E’ una sorta di scontro tra titani, di ego collidono. Ed è inevitabile che sia cosi, perché quando lavori con altra gente non puoi averla sempre vinta tu. Per quanto riguarda la realizzazione di Under Pressure è andato tutto in maniera assolutamente spontanea e questo è il motivo per cui la canzone ha funzionato così bene. Sia io che David siamo persone che si annoiano in fretta, quindi preferiamo fare le cose subito, sull’onda dell’entusiasmo del momento prima che l’enfasi finisca. Per quanto riguarda David e Brian, invece, credo che non abbiano niente in comune, niente di cui parlare, al di là della musica, ovviamente.

 

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La differenza caratteriale tra i componenti dei Queen sembra più accentuata che in molte altre band. Spesso, se metti a confronto le interviste fatte ai singoli membri del gruppo, ti accorgi che sembrano diametralmente opposte.

Si, effettivamente. ma forse dipende dal fatto che tutti e quarto siamo compositori. Così, fin dal primo giorno, c’è sempre stata competizione all’interno dei gruppo, come anche fuori. Ma sono convinto che questo meccanismo sia salutare. Tutti e quattro abbiamo degli ego grandiosi e ci comportiamo di conseguenza. Non ci sono attori né protagonisti nei Queen e nemmeno comparse. Ognuno di noi ha un ruolo chiave all’interno del gruppo. Parliamo dello stesso argomento e matematicamente abbiamo opinioni diverse. Ma siamo abbastanza tolleranti rispetto alle nostre differenze. Se dico qualcosa e qualcuno non è d’accordo, beh. mi da fastidio ma fa lo stesso.

Recentemente ho letto un articolo sui Queen in cui si parlava della festa organizzata alla sede della Capitol in occasione del primo ascolto di The Works. Stando all’articolo, Brian May avrebbe detto queste parole: “Tutto ciò che ho pensato durante l’ascolto è stato che il disco era orrendo e me ne vergognavo”.

Cosa? Brian ha detto una cosa del genere? (ride). Forse si era fatto troppi gin tonic. Mi sembra molto improbabile. Mi chiedo come mai… l’ascolto di cui si parla nell’articolo era riferito ad una versione ancora non definitiva dell’album, un missaggio provvisorio. E noi siamo tutti molto meticolosi.. ah si, ora ricorso che Brian era molto incazzato. Quelle canzoni erano ancora da limare ed infatti, dopo Los Angeles, siamo andati a Monaco ad ultimare la lavorazione dell’album. A Los Angeles, al momento della dichiarazione di Brian, metà degli assolo di chitarra non era ancora sul disco.

 

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In passato ci avete tenuto a puntualizzare che non avevate usato sintetizzatori per la realizzazione dei vostri album sembrava motivo d’orgoglio per voi. Ora invece li usate…

Quelli erano i tempi in cui i synth iniziavano a prendere piede e tutti li usavano per duplicare suono di chitarra e soluzioni orchestrali. Noi volevamo semplicemente che fosse che, sul nostro disco, tutti gli arrangiamenti orchestrali erano stati realizzati da Brian con la sua chitarra. Era solo un’informazione per far sapere alla gente che si trattava di chitarre. Volevamo che tutti si rendessero conto che Brian era stato fantastico e che aveva fatto quel lavoro tutto da solo. Ma non abbiamo mai avuto nulla contro i sintetizzatori.

 

Attualmente stiamo assistendo ad un generale ritorno alla chitarra: c'è un intero filone di band che fa della chitarra il suo punto fermo.

Beh si,  i Big Country non sono male ma se ti riferisci alla scena heavy-metal che va tanto in questo periodo, a essere onesto io non la sopporto. L’heavy-metal è finito, lo sappiamo tutti, lo hanno portato alle stelle i grandi gruppi storici, ora non ci sono che epigoni. Chi ha suonato in tempi non sospetti ha già raggiunto la perfezione del genere. Mi riferisco, e so che dicendo questo mi prenderanno tutti per un vecchio nostalgico, a gente come Led Zeppelin. Se guardo la qualità preferisco ascoltare musica nuova, come Culture Club, Duran Duran ed eurhytmics che sono favolosi.

 

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Cambiamo argomento: i testi delle canzoni sono molto importante per te?

Certamente, e mi riescono anche molto difficile da realizzare. Le melodie le trovo praticamente subito. Grazie a Dio, perché sono le melodie che risolto fanno vendere le canzoni. Ma molto molto raramente riesco scrivere un testo prima di trovare la corrispondente linea vocale.
In genere, ho già pronta l’intera struttura della canzone prima che riesca farmi venire in mente i testi da abbinarci.

 

Una canzone come Man in the Prowl, ad esempio con parole come “I’, gonna tale a little walk on the wild side..go crazy driving in the fast lane”… Parla di te?

Sì, anche se in realtà quando scrivo non ho alcuna intenzione di comunicare chissà quali profondi messaggi. Per me, una canzone dei Queen va ascoltata e basta, qualcosa di usa e getta, come un fazzoletto. È come andare al cinema e dimenticare per un ora e mezza i tuoi problemi. Non sono qui per dire “ascolta la nostra canzone, ti cambierà la vita”. Non voglio cambiare la vita della gente. John Lennon l'ha fatto: ha scritto canzoni piene di messaggi potenti da comunicare le persone.  Stevie Wonder anche. Loro hanno scelto di vivere così puoi ancora ritrovarli, quando senti parlare di pace. Io non sono così: a me piace semplicemente scrivere una bella canzone con un bel ritornello, e basta.

 

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Che ne pensi di tutti quei nuovi gruppi che sbandierano un'immagine gay o addirittura transessuale?

Alcune cose le apprezzo, altre no. Boy George mi piace immensamente. Riveste un ruolo molto difficile, ed è molto coraggioso ad andare avanti così. Il bello è che funziona ed è meraviglioso. Crede in quello che fa. Ok, tutti quanti possono spalmarsi la faccia di cerone, truccarsi da donna, ma la sua immagine sta funzionando e le canzoni sono buone. In America giravano delle Hits dei Culture Club prim'ancora che altrove si sapesse che fossero. Ora invece la loro immagine, insieme alla qualità  delle canzoni, è diventata una formula miracolosa. Il loro essere scandalosi è miracoloso. Ma a volte funziona, altre è semplicemente volgare. Dipende da chi lo fa.

Tu credi di aver giocato la carta scandalo con i Queen?
 

Credo che abbia avuto il suo peso. Quando abbiamo iniziato in giro c'erano i Roxy Music in mezzo a tutta la scena glam rock. E’ un po' lo stesso che sta succedendo ora con i Culture Club. È diversa la forma, ma non la sostanza. Come dicevo, penso che Boy George sia coraggioso ma è anche vero che già un'altra era e a lui è bastato raccogliere i semi del passato. Quando ho iniziato io, invece, la gente era abituata vedere gruppi suonare dal vivo in jeans e maglietta. Così quando improvvisamente si sono ritrovati davanti Freddie Mercury in tutina, con tanto trucco e di smalto sulle le unghie, questo è risultato assolutamente scandaloso.
Boy George sta facendo qualcosa di simile, ma ormai non è più una novità.

In Inghilterra, soprattutto su giornali come the Sun, la parte dell'interesse si focalizza sulla vita sessuale di queste pop star.

Sì, lo so. E ora stai per chiedermi dell'articolo che il Sun ha pubblicato su di me e la mia omosessualità. Per quanto mi riguarda, io mando a quel paese chi voglio quando voglio. Sui Queen la stampa ha davvero scritto qualsiasi cosa e io ho deciso di non perderci il sonno. Ma quell'articolo su di me e' inventato di sana pianta. Che potevo fare? Non posso farci niente: come potrei convincere il mondo che quel che è scritto su quell’articolo è falso? La giornalista mirava unicamente a carpirmi qualcosa da trasformare in uno scoop, non aspettava altro. Io dissi: "cosa vuoi sentirti dire che sniffo cocaina o chissà che altro?”
Se n'è andata e ha scritto che io ho confessato di essere gay. E davvero io ho fatto niente del genere. Sono troppo intelligente per fare una cosa del genere.

E’ succerssa una cosa simile anche qui in Germania, sulla rivista popcorn.

Ne ho sentito parlare. Credo abbiano rubacchiato, ed estrapolato notizie dalle altre riviste. Dio.. ma dico, se avessi voluto fare rivelazioni sulla mia vita sessuale, mi sarei rivolto ai giornali giusti e l’avrei fatto come si deve. In ogni modo, non me ne frega niente.

A dire il vero io sono sorpreso che della tua vita sessuale non si sia parlato prima, considerata l’immagine che hai sul placo, il nome della band e cosi via…

Sono sempre stato associato all’immagine gay. Hanno cominciato etichettandomi come bisessuale, puntando sull’immagine androgina e su certe mie dichiarazioni subito tradotte in titoli scandalosi. Se anche tu stai per chiedermi quasi sono le mie preferenze sessuali, bene, ti rispondo semplicemente che vado con chiunque mi piaccia. Non ci sono etichette o limiti di sorta. Ma la mia vita privata deve restare privata. Sono disposto a parlare di tutto con tutti, ma l’ultima cosa al mondo che ho intenzione di fare è andare dal Sun e dire: “confesso, confesso che sono gay”. Non ha senso. E poi, se avessi voluto farlo, l’avrei fatto molti anni fa.

Con un pò di cinismo, direi che ora è un buon periodo per essere gay. Buono per gli affari intendo.

Si, proprio cosi. Ma da parte mia, sarebbe stupido svelarsi solo ora, perché sono già dodici anni che sono negli “affari”. Dichiararsi gay o fare qualcosa di scandaloso è un buon escamotage ora, ma se sei nuovo. Se io me ne uscissi adesso, all’improvviso, con una confezione pubblica, allora la gente direbbe: “ecco, ora, Freddie Mercury si mette a dichiarare di essere gay perché va di moda”. No, no. Non è da me. lascio questo genere di cose a chi ne ha bisogno. A me importa solo della musica. Se la nostra musica non dovesse vendere, beh, allora lasceremo perdere.

 

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Il che, inevitabilmente, ci porta alla questione della vostra longevità. Credi che ci sarà un momento in cui non potrai continuare a fare sul palco quello che fai adesso?

Il banco di prova vero e proprio è il disco, ad essere onesti. Non importa quello che dice la stampa: se non vendi abbastanza dischi è finita. Al momento sono abbastanza stufo di fare i soliti concerti. Vorrei sperimentare qualcos’altro. Mi piacerebbe suonare in posti dove non siamo mai stati. Stiamo pianificando di andare in Sud Africa e la cosa ci sta dando non pochi problemi di tipo politico, ma non me ne frega niente. Per quanto mi riguarda, penso solo a suonare musica per la gente. Siamo stati uno dei primi gruppi a suonare in Sud America ed è stata un’esperienza fantastica. Tutto il resto non dovrebbe contare. La musica è per tutti. Voglio andare a suonare in Russia. Volevamo andarci già tra tre o quattro anni fa, ma là esaminarono le copertine dei nostri album e decisero che erano troppo ambigue, che, insomma, potessero in qualche modo corrompere i giovani.
Questi sono i veri problemi che voglio risolvere. Queste sono le cose che voglio realizzare assolutamente prima che tutto finisca. Vorrei raggiungere l’altro angolo del mondo, quello sconosciuto. Quello che proprio non mi va ora è tornare in Nord America e fare l’ennesimo giro dei soliti vecchi stadi. Secondo me è la peggiore cosa che ci possa capitare, ma per molte altre band, ovvio, va benissimo così. Anzi, è la conferma che sono ancora sulla cresta dell’onda e che riescono a riempire gli stadi. Solo che qualche anno fa suonavano tre volte al Madison Square Garden e riuscivano a fare il tutto esaurito. Oggi ci suonano una volta sola e basta e avanza. Come possono reggere una tale umiliazione? Che smacco terribile deve subire il loro ego.

Ma credi che il responso del pubblico sia un criterio valido per discernere la qualità della musica?

Si!!!

Davvero?

Non c’è dubbio. L’unico modo che hai per testare il tuo successo è assicurarti di essere il numero uno.

Si, sicuramente è un modo per testare il tuo successo, ma non dice assolutamente nulla sul valore della tua musica, o sbaglio?

Ohhh… quante stronzate!

Stronzate?

Capisco quello che vuoi dire: ok, puoi essere un musicista meraviglioso anche se non ti conosce anima viva. Bene, allora? Che senso ha? Sono convinto che il talento non esista per restare inascoltato. Talento è anche essere al posto giusto nel momento giusto. Devi saperti destreggiare con la gente, deve saperci fare. Talento è immagine.

A volte però ci sono fattori che ostacolano il successo, no? ad esempio, tu dici di amare la musica nera. Ma se tu fossi nero, non potresti andare in TV in America. Non c’è posto giusto al momento giusto che tenga..

Dici bene, infatti Michael Jackson sta ovviando al problema.

Si, ha scelto di sottoporsi ad una serie di interventi chirurgici per far sembrare la sua pelle
bianca

Si, ma non esageriamo ora, su

Ok, ma non puoi negare che negli Stati Uniti è diffusa una mentalità fortemente razzista, anche nel mondo della musica pop.

Certo che no. Sono sicuro che sia cosi., ma non è nemmeno un fenomeno cosi diffuso come dici tu. Michael Jackson ha capito che per avere un pubblico veramente grande deve uscire dall’ambito della musica nera, che, per quanto possa andare, non godrà della stessa popolarità che ha il pop bianco. E’ ha agito di conseguenza.

Zanzibar ti ha lasciato addosso qualche impronta musicale?

Assolutamente nessuna. Ho lasciato Zanzibar quando avevo appena sette anni per andare in collegio.

Non ci sei mai tornato?

No

 

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Come dicevi, alzerete un bel polverone di polemiche andando a suonare in Sud Africa. Vi siete informati su che tipo di di audience trovereste là?

Sono sicuro che il pubblico sarà fantastico. Abbiamo intenzione di suonare a Sun City, è un appuntamento importante. Elton John ci è stato ed è riuscito a richiamare una marea di gente, facendo un mucchio di soldi. E io sono nel giro anche per fare soldi.

Ma tu credi davvero di poter suonare come fai qui, davanti ad un pubblico così diverso?

Certo, perché no? Forse ne sai più tu che io, di quel che mi aspetto là.

Di recente sull’Herald Tribune ho letto un articolo su Sun City, che insinuava dei seri dubbi in proposito.

Si, ti prego, non stare qui a parlarmi dell’ipocrisia del regime inglese, e tanto meno di quella della stampa. A essere onesto non mi interessa granché la politica, perché i politici non mi piacciono e assolutamente non voglio che la politica interferisca la mia carriere. Tutti li a dire: “come possono i Queen suonare in un paese come l’Argentina”. A questo proposito mi piace ricordare una storia risalente al periodo della guerra delle Falcklans: le truppe inglesi stavano ascoltando Under Pressure quando incontrarono il nemo, che in quel momento ascoltava la stessa canzone. Sarà un caso. Ma la musica è musica.

Mi sembra sia stato Mao a dire che ogni arte è politicizzata.

Beh,  odio che la politica possa influenzare quello che faccio, ma è anche vero che non posso evitarlo al 100%. E’ un po' quello che disse Elton John, cioè che gli ambasciatori più potenti al momento sono la musica e lo sport.

Mi tornava in mente un articolo di Rolling Stone sui Queen in Argentina, che ha descritto come la prima e vera propria rock band fascista. Che ne pensi?

Oh, Dio, Noooo… Ok. spiegami bene. Che vuol dire?

Lo sto chiedendo a te.

Sono venuti tanti giornalisti da tutto il mondo a vederci suonare in quegli stadi in Argentina. Era una novità assoluta suonare lì: a noi è successo di essere abbastanza popolari da farlo per primi. A San Paolo in Brasile abbiamo suonato davanti a centoventimila persone una sera e centrotrentamila la sera successiva. Era una cosa completamente nuova per la gente del posto, ed era lo stesso per noi. Niente a che vedere con il Nord America. Non c’era niente di simile ad una vera e propria organizzazione. Poteva succedere di tutto, così hanno messo gli squadroni della morte a fare da security.

Gli squadroni della morte?

Si, quel tipo di polizia che non si fa scrupoli a sparare a bruciapelo. Hanno messo questa gente a proteggerci. Pensa che per spostarci da un luogo all’altro venivamo trasportati con i veicoli amati che si usano per sedare le sommosse… e ovviamente quando i giornalisti hanno assistito alla scena, ogni cosa ha assunto valore politico. Come se la musica non c’entrasse nulla con la nostra trasferta. Prima che salissimo sul palco, l’intero esercito era sull’attenti con le baionette alzate. Il Sud America è un mondo completamente diverso, e così loro hanno pensato che, se eravamo riusciti ad attirare una tale mole di gente, il fatto doveva avere per forza di cose un risvolto politico. Prima che il concerto iniziasse mi hanno implorato di non cantare “Don’t Cry For Me Argentina”.
Quando hai una massa di quel tipo davanti a te, sei al posto di comando, hai tutti ai tuoi piedi e, volendo, puoi eccitare gli animi e controllarli. E loro erano preoccupati che io potessi trasformare un evento musicale in un comizio politico, con conseguenze pericolose.

Come ti sei sentito davanti ad una marea umana come quella?

Potente. Ti senti come il diavolo. Senti che potresti scendere in piazza e far scoppiare una rivoluzione, con tutte quelle persone. Qualcun altro, con una mentalità diversa dalla mia, avrebbe seriamente potuto approfittare della situazione per trarne un vantaggio politico, in qualsiasi direzione.

Cosa si prova ad essere sul palco mentre migliaia e migliaia di persone gridano a squarciagola il tuo nome?

E’ meraviglio. E’ adrenalina pura. Assolutamente meraviglioso. Ti fa sentire potente. Ma poi, per quanto mi riguarda, mi perdo completamente nella musica. Voglio solo essere certo di offrire una performance degna del mio nome. E’ questo che penso quando sono sul palco. Non sto lì a dirmi: “Ho tutto questo potere nelle mani, posso distruggere il mondo”, No, non ho pensieri distruttivi. Sono troppo felice in quelle situazione.

Credi di meritare questa sorta di idolatria da parte dei fan?

No, no, no (ride). Tutta questa adulazione mi sorprende ogni volta, ad essere sincero. Non voglio fare il modesto ma a volte mi chiedo come tutto questo sia potuto succedere proprio a me. Mi limito a cantare meglio che posso e a offrire la prestazione migliore. Sempre. Per quanto riguarda il Sud America, sinceramente non riuscivo a capacitarmi di come tutta quella gente si fosse mobilitata per venirci a vedere dal vivo.

 

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e poi? che cosa dobbiamo aspettarci da te per il futuro?

Il mio progetto solista, al quale sto lavorando proprio adesso. E’ una delle cose più eccitanti che mi siano capitate. Ho aspettato a lungo per farlo, perché non volevo bruciare i tempo, aspettavo il momento giusto. E poi non è insolito che il cantante di un gruppo popolare ad un certo punto si metta a fare qualcosa da solo. Pensa a Peter Gabriel, e me ne vengono in mente a centinaia. Certo, non l’ho fatto per questo,e nemmeno perché sto meglio da solo che in gruppo. Che tu mi creda o no, io sono sempre stato benissimo all’interno della band, anche alla gente piacerebbe se io mi mettessi a dire che no, non ci sopportiamo, ecc.
Senza dubbio fra di noi c’è competizione, quella che ogni volta ci spinge ostinatamente ad insistere per infilare più brani propri nell’album. Ma credo che sia proprio questa competizione a tenere vivo il gruppo.
E’ questo attrito continuo il motore che ci tiene insieme. O forse è semplicemente che nei Queen c’è spazio per tutte e quattro le nostre personalità. Io la vedo così; è come se stessimo da sempre portando avanti le nostre carriere soliste, già, all’interno dei Queen.

Hmmm ho sentito delle voci su John che sarebbe sparito a Bali durante le registrazioni dell’ultimo album…

Si, ne aveva abbastanza e se né andato. Ma può succedere a tutti. Penso che, dopo dodici o tredici anni insieme, non sia sconvolgente che un giorno uno si alzi e dia di matto. Dopo un pò di tempo che sei isolato in studio, non è difficile che ti venga voglia di alzare i tacchi e scappare, per un po’…

In cosa il tuo disco solista sarà differente dalla musica dei Queen?

Differenze che ne saranno sicuramente, perché da solo sono libero di avventurarmi in sperimentazioni che non mi sentirei di proporre per un album dei Queen. Roba tipo comporre da solo le tracce di batteria. Non che sia un batterista, però posso ovviare con i mezzi offerti dalla tecnica. O, ad esempio, comporre delle linee di chitarra. Non mi permetterei mai di suonare la chitarra su un album dei Queen, perché Brian è un Dio, ,ma quando sono per conto mio posso dire a me stesso: “è roba mia, posso farla da solo, come mi va!”

Quindi hai intenzione di fare tutto da solo…

Si, almeno per il momento. Probabilmente mi farò aiutare da qualcuno in seguito. Anche se con le tecnologie di cui disponiamo oggi possiamo davvero fare di tutto e ricreare qualsiasi suono. E’ questo aspetto del lavoro che mi intriga molto. Realizzerò assoli di chitarra, ma senza usare una chitarra. Forse metterò a punto anche degli arrangiamenti orchestrali, con i sintetizzatori. Per quanto riguarda le parti di basso, non sono una novità per me, perché me ne sono già occupato - sempre tramite una tastiera però - per alcuni album dei Queen.

Sembrerà di ascoltare un album dei Queen?

Non credo. Almeno per come stanno venendo fuori le canzoni al momento. Sarà musica più focalizzata sul ritmo, che metta ancora più in risalto la voce e che lo faccia in modo diverso.

Meno barocco?

Si, capisco che vuoi dire e mi sta bene. Anche se la metafora del barocco vale solo per alcune canzoni dei Queen. Però si, ci hai preso. L’elemento della musica dei Queen che assolutamente mancherà nella mia è il barocco. La musica sarà decisamente più “nera”.

Quanto incide la presenza del produttore e ingegnere del suono Mack?

E’ prezioso. é decisamente molto importante per me, e lo è stato già prima per i Queen. Abbiamo imparato a lavorare insieme sin da subito, spontaneamente. Io lavoro di getto, in maniera molto veloce, perché mi annoio subito. Sono istintivo ma perdo subito interesse. Così Mack deve riuscire a catturare il mio attimo, prima che l’ispirazione svanisca, altrimenti è andata.
Perdo l’ispirazione se devo stare ad aspettare che il fonico stia li ad aggiustare il suono di questo o di quest’altro.

Hai detto di lavorare in maniera istintiva, ma i tempi di lavorazione del vostro ultimo album, The Works si sono prolungati per sei mesi. Non proprio un lavoro di getto..

Ah ah ah… si, hai ragione. Ma li sono in gioco quattro teste, non una sola. E poi io sto parlando per me, del mio personale approccio alla composizione. Per quanto mi riguarda posso dirti che sono molto veloce a comporre le mie canzoni, sono sempre il primo ad avere canzoni finite. A Brian piace dilungarsi molto, ad esempio. Può continuare a lavorare ad una sola canzone per un anno intero e io non lo sopporto. Preferisco prendere una decisione di getto e adeguarmi alle scelte che ho fatto istintivamente. So che non è un metodo molto ortodosso.. vengo qui in studio ogni giorno e comincio a lavorare su una nuova canzone, dal nulla e, prima di tornare a casa, almeno la struttura portante è abbozzata, il feeling che dovrà avere, per lo meno, nella mia testa, è già deciso. Questo è l’obiettivo che mi sono posto e che sto rispettando, al momento.

Vuol dire che arrivi qui con una tabula rasa, senza musica o testi preparati?

Si, mi piacere lasciare libera la mia intuizione, per avere una canzone nuova ogni giorno. Poi impiego una giornata intera a montare le idee e se in serata non ne è venuto fuori niente di buono, semplicemente lascio perdere. E si ricomincia il giorno dopo. Grazie a questo metodo ora mi ritrovo con quattro o cinque pezzi davvero buoni. Voglio riuscire ad infilare in questo album più hit che posso.

Ma anche per quanto riguarda la voce componi così? Voglio dire, inserisci subito le linee vocali sulla musica?

Si, mi metto al microfono e provo ad improvvisare. Non funziona sempre, anzi, solitamente canto i testi di vecchie canzoni e mi preoccupo in seguito delle nuove parole. Prima penso a trovare la giusta melodia, poi penso alle parole. Ma che credo che la cosa fondamentale sia afferrare il nocciolo della canzone. Una volta che hai in mente quello, sei già a metà strada.

 

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Che tipo di musica ascolti come fonte di ispirazione? O semplicemente per piacere?

In generale mi piace focalizzarmi sulla voce, mi piacere vedere cosa riesce a fare, fino a che punto arriva. Prendi ad esempio la cantante soprano Montserrat Cabale, per me è la migliore. Il modo in cui usa la sua voce… sono andato a vederla dal vivo, e il modo in cui riesce a catturare il pubblico facendo… praticamente nulla. Ma ha una tale presenza, un modo di stare sul palco… capisci cosa voglio dire?

Credi di aver qualcosa da imparare dai cantanti d’opera?

SI, ma a dire il vero rubo parecchio ai cantanti soul. Certo di imitare Aretha Franklin quanto più possibile, lo confesso. La sua mimica è semplicemente fantastica. E riesce a cantare a lungo senza prendere fiato.. non so come ci riesca. Se ci provassi io, non ci riuscirei, rimarrei senza fiato

Cosa ne dici di Sarah Vaughan, secondo me è straordinaria in questo senso.

Oh, si, stai citando delle vere e proprie dive. Pensa anche a Mahalia Jackson. Mio Dio! Per tornare al discorso sull’opera: quando abbiamo iniziato e ho scritto Bohemian Rapsodi, la gente si è messa a insinuare su quanto io avessi subito l’influenza di Gilbert e Sullivan ecc.. quando in realtà non ho mai sentito quella roba. Quelle idee semplicemente ronzavano nella mia mente.
Ero molto ingenuo allora e mi dissi “beh, se hanno detto che sono influenzato da questi compositori, farei meglio ad ascoltarli”. E per un pò mi sono messo d’impegno a fare ricerche nel campo della musica classica. Ma poi ho smesso, perché credo sia meglio se continuo a tenermi i miei limiti, piuttosto che cercare di aggrapparmi ad una forma musicale che non capisco appieno e che non ho approfondito abbastanza.

Preferisci essere considerato una star o un musicista?

Oh, non lo so! Non lo so! Sono solo un essere umano. E sto solo facendo il mio lavoro. Che poi, che vuol dire star? Faccio solo il mio lavoro. Non importa che mi chiamino cantante o autore di canzoni, o chissà che altro. Mi piace sentirmi dire che sono il migliore.

Pensi che ti paghino troppo per il lavoro che fai?

Giocando a questo gioco, si possono fare un sacco di soldi. Ma non credo di essere strapagato per quello che faccio: ho lavorato duro e continuo a lavorare duro per guadagnare quello che guadagno. Ciò di cui vado orgoglioso è il fatto di essere riuscito a fare tutto dal nulla. Nessuno mi ha regalato niente.
Non mi è stato servito nulla su piatto d’argento. Ho lavorato e fatto sacrifici per arrivare dove sono ora. Il bello di essermi fatto da solo è che ora apprezzo ogni piccola cosa che ho; niente è scontato o di poco valore. Mi piacere sudarmi i miei soldi. Se il successo dovesse svanire domani io ricomincerei daccapo e cercherei ad ogni costo di tornare al mio status attuale, ma sempre lavorando.
Non voglio che nessuno di dia niente per niente.

 

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Secondo te perché i Queen sono stati sempre o quasi bistrattati dalla stampa?

Questa storia ha avuto inizio fin dai primi giorni di vita dei Queen, quando effettivamente noi non sopportavamo la stampa. Siamo arrivati al punto in cui non ce la facevamo più  a reggere la pressione ed eravamo sempre li a mandarli a quel paese. Ovviamente gli insulti sono arrivati al destinatario, che da parte sua ha reagito. Sono convinto che la stampa sia fondamentale nei primi passi di un gruppo. Quando sei ancora uno sconosciuto i giornalisti possono darti la vita o portarti al patibolo, sei in loro potere. Ma poi, se hai fortuna e diventi un personaggio di successo, allora è il tuo pubblico e non solo il tuo pubblico che conta. Non credo che, arrivato a questo punto, la stampa abbia il potere di rovinare un disco con una recensione. Se il pubblico è dalla tua parte, non sarà una recensione a convincerlo del contrario. Si, la stampa può influenzare negativamente ma se un disco è bello, venderà. Se pensi al nostro caso, è tutto chiaro.
I nostri dischi sono stati stroncati regolarmente, ma hanno venduto tantissimo, e questa è la dimostrazione che la stampa non è poi onnipotente. Più che altro è pericolosa quando riesce a cucirti addosso un’immagine totalmente campata in aria, poi le vende a gente che se la beve.
Ed è cosi che ora tutti convinti che io sono schifosamente arrogante e vizioso. Caratteristiche che non credo mi si addicano granchè. Comunque il punto fermo resta questo: se il pubblico ama un tuo disco, se lo compra.

 

Beethoven ha paragonato le critiche alla puntura di un insetto: è vero che possono procurarti anche una brutta infezione, ma il più delle volte si riducono ad una sciocchezza che gratti un po' e niente più.

Aveva ragione. Preferirei che la stampa semplicemente non esistesse, così la musica potrebbe parlare da sola. Ma so che non è possibile, perché quando abbiamo iniziato anche noi abbiamo avuto bisogno della stampa. E una volta che te ne sei servito, non puoi più tornare indietro. Ma in generale non ho un buon rapporto con il mondo della critica musicale. E’ questo il motivo per cui concedo pochissime interviste.  Anzi, a proposito, perché sono ancora qui a parlare con te?

 

 

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