Non credo che sia abbastanza ciò che è stato detto circa la brillantezza del modo di suonare la chitarra di Brian May, nel senso che è messa in ombra dalla sua musica stessa. L’album Queen II è stato uno di quei momenti che mi ha completamente inchiodato al muro.

È probabilmente uno dei chitarristi più facilmente riconoscibili, anche più di Beck, Page e Clapton. Sono tutti così identificabili, ma Brian May ha come un tocco nella sua testa e nelle dita. E ciò la dice lunga. Il suo contributo all’orchestrazione della chitarra è senza precedenti. Non c’era nulla di simile prima di lui. Per me è stato come quando Edward Van Halen si avvicinò e rimodellò il suono della chitarra elettrica. Questo è quello che ho sentito nel modo di suonare di Brian May. È qualcosa che è insito nel cervello del chitarrista.

Mi ricordo che lavoravo con Frank Zappa per la prima volta. Mi ero appena trasferito a Los Angeles, e nessuno mi conosceva. Avevo 21 anni. Sono uscito al Rainbow Bar and Grill, e Brian May era lì. Io non ci potevo credere. Mi feci un po’ di coraggio, mi avvicinai a lui e dissi: ’Grazie mille per tutto quello che hai fatto. Io suono la chitarra. Sono qui in città con Frank Zappa.’ Lui disse: ‘Oh, davvero? Perché non vieni alle nostre prove?

Andai, mi portò sul palco, e mi lasciò suonare la sua chitarra, la chitarra che costruì con suo padre [la 'Red Special']. Non potevo nemmeno credere che stavo toccando questo strumento! Era così bello e così caldo, e per chi? Questo, ragazzo, lo sai? E ho suonato la sua chitarra, e suonava a a la Steve Vai. Poi, quando la suonò lui, e suonava a la Brian May. Fu molto chiaro per me che il suo tocco è nelle sue dita e nella sua testa.

È classe dalla testa ai piedi, e si vede nel suo modo di suonare. Posso ascoltare tutti i chitarristi e imitare il loro suono, ma non posso fare Brian May. Lui semplicemente cammina su un altro piano.


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