Con questo lungo articolo, che è anche un’intervista a Brian May, Roger Taylor e Tim Staffell, ripercorriamo gli esordi dei due membri dei Queen prima che la Regina facesse la sua comparsa nei primi show agli inizi degli anni ‘70.
Un viaggio indietro nel tempo sul finire degli anni 60 alla (ri)scoperta della genesi della leggenda, ma anche di numerosi aneddoti e curiosità rari e inediti.
“Gli Smile era effettivamente un prodotto semi-professionale, non avendo mai fatto il salto di qualità verso il professionismo vero e proprio. Credo che questo fu causato dal fatto che all’epoca eravamo ancora studenti del college”.
Queste sono le parole con cui Brian May descrive i precursori dei Queen nel documentario “Champions of the world”. Con Brian May alla chitarra e Roger Taylor alla batteria, gli Smile includevano in sostanza metà Queen, una band che ha continuato a scalare la vetta del mondo del rock’n’roll superando ogni rivale.
“Con le buone o le cattive” prosegue Brian May, “realizzammo questo concerto alla Royal Albert Hall come ultima band in programma e in quell’occasione ottenemmo la nostra prima recensione sul The Times, che scrisse qualcosa come: ‘la band più rumorosa dell’occidente ha suonato e ha lasciato il palco’; solo che non scrissero i nostri nomi”.
Il concerto di cu parla il chitarrista è quello di beneficenza che si tenne per l’Associazione Nazionale delle ragazze madri il 27 Febbraio del 1969. In realtà gli Smile non erano gli ultimi citati nel cartellone, avendo suonato prima dei Free, ma se c’è una cosa corretta che scrisse il The Times è che gli Smile furono il gruppo più rumoroso della serata.
“Volevamo essere heavy…” dice Tim Staffell, voce e membro fondatore degli Smile, “…Volevamo essere intelligenti. Gli Smile avevano il loro stile; non ci basavamo esclusivamente sulla potenza per presentare le canzoni. Eseguivamo canzoni dinamiche nel vero senso della parola”.
In un’intervista del 1984 per il magazine Music UK, Brian May dichiarò a Steven Rosen: “Principalmente suonavamo canzoni altrui, adattamenti di cose scritte da altri. Realizzammo una versione piuttosto heavy di ‘If I Were A Carpenter’ e un altro po’ di cose improvvisate su dei riffs. Incidemmo anche una versione embrionale di ‘Doing All Right’ che poi comparve sul primo disco dei Queen. C’era poi un pezzo particolare intitolato ‘Earth’ che divenne il singolo degli Smile per il mercato Americano e che non vendette nulla. Però mi piaceva. Penso che realizzammo anche un paio di adattamenti di pezzi tratti dalla Motown (storica etichetta americana specializzata in r’n’b’, n.d.t.) e anche un paio di cose dei Cream (band formata da Eric Clapton, da sempre idolo dello stesso Brian, n.d.t.) tra cui i brani N.S.U e Sweet Wine”.
Tim Staffel incontrò Brian per la prima volta alla Hampton Grammar School nel Middlesex quando Brian era il chitarrista dei 1984 e Tim ne divenne il cantante, una band che visse lo spazio di quattro anni ed ebbe l’onore di fare da supporter per Jimy Hendrix per un concerto al Kensington Imperial College (dove Brian studiava astronomia).
Gli Smile rappresentarono una sorta di salto di qualità di un’esperienza iniziata proprio con i 1984, specie per quel che riguardava Brian May. “Brian pubblicò sulla bacheca della scuola un annuncio per ricercare un batterista e a rispondere fu Roger Taylor” ricorda Tim, che all’epoca studiava Grafica all’Ealing College of Art. “Roger si rivelò davvero alla mano e brillante. Mi piacque il modo in cui accordava la sua batteria e il suo stile nel suonarla. Ed era anche divertente. Un bel tipo.
Brian May di quel periodo ricorda che: “All’epoca suonavo in una band chiamata 1984 che però era una band scolastica”.
Comunque, così come gli Smile e poi i Queen, anche i 1984 si basavano sul suono unico della chitarra di Brian, che ricorda: “All’inizio non potevo avere il suono che desideravo. Volevo suonare una Les Paul o una Stratocaster, anche se non ne avevo mai avuta una tra le mani. E non mi piacevano particolarmente quelle che possedevano i miei amici. Così assieme a mio padre ne progettammo una. Originariamente ne disegnai i pickup che però dovetti abbandonare perché, pur rendendo un bel suono, non avevano una resa uniforme. Usandoli era facile produrre dei pessimi suoni al minimo tocco sbagliato delle corde, per cui alla fine optammo per installare dei pickup della Burns”.
Un altro importante contributo al suono della chitarra degli Smile e, quindi, al sound degli Smile, lo diedero gli amplificatori Voc Ac30, sui quali Brian ricorda: “All’inizio usavo un vecchio amplificatore a valvole ricavato da una radio che avevamo in casa. Poi acquistati un amplificatore della Burns, ma non ne fui mai veramente felice. Solo con i Vox riuscì davvero a trovare il suono che volevo”.
Chris Smith fu uno dei fondatori degli Smile, il quale ricorda: “Dopo aver assistito ad un concerto del 1984, avvicinai Tim e gli dissi che lui e il chitarrista valevano senz’altro di più degli altri membri del gruppo. Proprio in quel periodo i 1984 stavano attraversando dei problemi interni, perciò decidemmo di ritrovarci in un pub di Soho e da lì iniziammo a lavorare assieme. Nel periodo in cui Roger Taylor rispose all’annuncio messo da Brian io suonai con gli Smile per un paio di concerti, dopodiché lasciai la band, ma posso dire di aver formato gli Smile assieme a Tim”.
Smith dice ancora: “Il mio coinvolgimento con Brian e Tim risale al 1968, quando entrambi suonavano nei 1984. All’epoca studiavo grafica all’Ealing College, nella stessa classe di Tim e Freddie Mercury, che si faceva ancora chiamare Bulsara. Tutti e tre tendevamo a sedere vicini perché eravamo tutti musicisti”.
L’ultimo membro degli Smile, il batterista Roger Taylor era arrivato a Londra dalla Cornovaglia nell’Ottobre del 1967 per studiare odontoiatria presso la London Medical School di Whitechapel. Era stato già leader in un’altra band,i Reaction, e evolvendosi dall’r’n’b al soul era infine diventato un esponente della nuova corrente rock sorta all’epoca. Comunque, una volta approdato agli Smile, Taylor lasciò che il ruolo di cantante venisse ricoperto da Tim Staffel, sebbene non si potesse dire che il suo ruolo nel gruppo fosse di mero supporto. “In una sorta di triangolo Roger rappresentava la linea dritta”, racconta Tim al giornalista Mark Hodkinson per il documentario ‘Queen – The Early Days’. “Roger era vitale, adrenalinico. Era sempre al massimo e grazie alla sua energia gli Smile progredirono”.
“Pensammo che fosse il miglior batterista che avessimo mai sentito” ricorda Brian May. “Accordava la sua batteria, il che era una cosa che non avevo mai visto fare a nessuno e ricordo che osservandolo mi dicevo che era davvero un professionista”.
E Chris Smith aggiunge: “Nella formazione originale degli Smile io cantavo nei cori e suonavo l’organo, per cui eravamo un quartetto”.
La formazione arrivò unita nel 1968 e il gruppo fu abile nel connotarsi con caratteristiche proprie. “Un ragazzo di nome Peter Abbey, che frequentava lo stesso corso in odontoiatria di Roger, divenne il nostro manager” ricorda Tim Staffel, “sebbene si trattò solo di un ruolo attribuitogli in modo casuale”.
In aggiunta, un amico di studi di Brian May, Pete Edmunds divenne il loro roadie ed autista di fiducia, mettendo a disposizione il proprio van. Intanto Tim, sfruttando le proprie abilità grafiche realizzo il logo della band, il tipico sorriso caratterizzato da dentoni bianchi e labbra cremisi, traendo ispirazione dal marchio di fabbrica della Dr. Feelgood. Quando in seguito gli Smile misero assieme il loro primo demotape, proposero il materiale alla neonata Apple, la casa discografica fondata dai Beatles: l’unico responso che ricevettero fu, tuttavia, solo una lettera di Paul McCartney che manifestava il proprio apprezzamento per il logo della band!
I contatti di cui disponeva Brian May presso l’Imperial College permisero agli Smile di esibirsi in vari concerti nell’ambito del circuito locale. Inoltre la band trovò un accordo con la Rondo, un’Agenzia di Promotores.
Ricorda Tim: “Prendemmo contatto con un ragazzo che era davvero squisito. La sede della Rondo era ubicata nello stesso palazzo di una discoteca, la Julianas, in Kensington Church Court. Adesso credo ci sia una compagnia petrolifera. Ad ogni modo la Rondo era coinvolta anche con i Genesis e, infatti, proprio in quel periodo realizzai uno dei poster per la band di Gabriel e Collins: un’illustrazione davvero grande, stampata su un foglio fosforescente verde e con scritte in puro stile rock”.
In qualità di nuova, potente rock band, gli Smile riuscirono a realizzare la loro prima esibizione il 26 ottobre del 1968 come band di supporto di un altro gruppo, i Pink Floyd, che all’epoca erano entrati in classifica con l’album ‘See Emily Plays’. Gli Smile erano in programma assieme ad un'altra band di supporto, e da quell’esperienza con i Pink Floyd presero spunto per alcuni elementi di psichedelica da aggiungere al loro bagaglio. “Erano strani”, ricorda Tim, “Rappresentavano qualcosa che non saprei descrivere con precisione. Erano estremamente anglosassoni. Suonarono alcune loro composizioni ma ne rielaborarono anche altre nel loro tipico stile”.
Sullo stesso episodio Chris Smith ha dei ricordi differenti rispetto a Tim Staffel: “Ricordo il nostro primo concerto all’Imperial College…ma non suonammo come supporter dei Pink Floyd, ma dei The Troggs (una band che ebbe un buon successo, pubblicando anche alcuni singoli che entrarono nelle classifiche UK, n.d.t.). Io aprii la nostra parte di concerto suonando alle tastiere ‘La toccata e fuga in do minore” di Bach, che poi sfociava nella cover di ‘Can’t Be So Bad’ di Moby Grape”.
“La loro musica era selvaggia e impopolare” scrivono Jim Jankins e Jacky Gunn sulle pagine della biografia ufficiale dei Queen. “Decisero di proporre una canzone popolare suonandola in tutte le variazioni di tempo che conoscevano, per una durata complessiva di 30 minuti. Tim Staffel è d’accordo: “Ci ispiravamo agli Yes e al loro modo di inserire variazioni di tempo nelle canzoni. Di solito proponevamo anche una versione heavy di ‘Rollin’ Over’, un pezzo degli Small Faces, che poi Brian ha ripubblicato nel 1992 sul suo primo album da solista, Back To The Light”.
Al di là delle sperimentazioni musicali messe in campo, lo stile degli Smile acquisì un certo successo nell’ambito dell’Imperial College, tanto da diventare la band ‘di casa’. “All’inizio non eravamo granché”, ammette Tim, “E probabilmente la colpa era mia, perché al basso non ero un tipo molto disciplinato”.
Rapidamente gli impegni con gli Smile iniziarono a sottrarre tempo allo studio, tanto che Brian e Roger maturarono dei dubbi sulle loro scelte scolastiche. Fu così che alla fine del 1968 Roger Taylor abbandonò il college (sul punto il batterista ha sempre dichiarato che iscriversi a odontoiatria fu solo un espediente per trasferirsi a Londra), mentre Brian decise alla fine di proseguire i suoi studi in astronomia.
L’anno seguente, il 1969, segna per gli Smile l’incontro con un nuovo volto, un amico di college di Tim, Freddie Bulsara, il quale divenne subito un amico e un supporter della band. In particolare spiegava alla band il suo punto di vista su ciò che riteneva avessero bisogno, ma senza mai esibirsi pubblicamente con loro. Così, sebbene Freddie desiderasse entrare a far parte degli Smile, decise di portare avanti un altro progetto, un trio chiamato Ibex, proveniente da Liverpool e che si esibiva nello stesso circuito degli Smile
Se con i 1984 e i Reaction sia Brian che Roger erano abituati ad essere gli unici protagonisti dei loro concerti, con gli Smile ebbero la fortuna di fare da support a band come i Pink Floyd (o i Troggs), ma anche i T-Rex, nonché gli Yes e i Mighty Baby, un gruppo psichedelico nato dalle ceneri degli Action, una band che era stata prodotta tempo prima da George Martin, storico produttore dei Beatles.
Ma l’esibizione più prestigiosa per gli Smile fu quella che si tenne nel 1969 alla Royal Albert Hall. In quell’occasione, durante le prove per lo spettacolo, decisero che era giunto il momento di allontanare il tastierista Chris Smith. Ricorda Tim: “Chris era un bravo ragazzo. Aveva un organo della Vox di colore rosa, non un bellissimo strumento. Ma non era male come musicista e si ispirava soprattutto alla scena americana. Se l’avessi incontrato un po’ più tardi l’avrei sicuramente apprezzato di più. In quei giorni però volevamo qualcosa di diverso rispetto al brit-rock. Lo mandammo mio il giorno dopo il concerto alla Royal Albert Hall. Eravamo seduti nel retro del van e a un certo punto gli dissi: ‘Chris, da domani noi siamo un trio”.
Ma, ancora una volta, Chris propone dei ricordi differenti: “Al contrario di quello che dice Tim, non fui cacciato dalla band; fui io ad andarmene. Se a un certo punto lui, Brian e Roger decisero che non andavo più bene per il gruppo, certamente non vennero a dirmelo! Semmai è vero che restai negli Smile per pochissimo tempo, ma ciò non vuol dire che non ricordo gli eventi nella loro giusta sequenza. Ad esempio, contesto che all’epoca suonassi un organo Vox di colore rosa, un’idea partorita dall’immaginazione di Tim. Possedevo un organo Selmer Capris di colore grigio! Comunque, Tim ha ragione a proposito del mio stile, che era orientato al r’n’b’ e al soul di matrice americana. Ma avevo anche interessi verso Muddy Waters, gli Who e i Led Zeppelin. La mia idea iniziale quando formammo gli Smile era di proporre i nuovi Rolling Stones. Volevo che avessimo un’impronta blues, ma poi mi resi conto che gli altri non condividevano, così me ne andai in modo amichevole”.
Con o senza Chris Smith gli Smile si esibirono sul palco del Royal Albert Hall, toccando in sostanza l’apice della loro carriera (nello stesso posto avevano, peraltro, suonato anni prima i 1984 di Brian May). Proposero al pubblico la loro versione di ‘If I Were A Carpenter’ di Bobby Darrin e ‘Mony Mony’ di Tommy James & The Shondells, nonché il pezzo blues ‘See What A Fool I’ve Been (che poi i Queen incisero come b-sides, n.d.t.) ed ‘Earth’ di Tim Staffel.
In particolare ‘See What A Fool I’ve Been’ ha sempre rappresentato un mistero. “Si trattava di una canzone”, dice Tim “che avevo ascoltato per la prima volta su un disco di Sonny Terry e Brownie McGhee. Brian ne propose un arrangiamento talmente diverso da trasformarla in un pezzo completamente nuovo. Sono sicuro di avere il disco con questo pezzo, ma il problema è che non lo trovo più: all’epoca avevo la pessima abitudine di darli via in negozio. Comunque Sonny Terry e Brownie McGhee mi sono sempre piaciuti”.
Sul brano in questione Brian May dichiara: “Questo brano resta un mistero anche per me. Si basa su un vecchio giro di blues, ma né all’epoca né oggi sono riuscito a individuare l’effettivo autore del pezzo. Ricordo di averla sentita in tv, probabilmente eseguita da Muddy Waters. Oggi Tim aggiunge: “In effetti potrebbe trattarsi di una linea melodica, una citazione che ho già sentito da qualche parte”. Il mistero sull’origine del brano resta, quindi, sebbene sia chiaro che l’ispirazione, almeno per quanto riguarda lo stile, provenga direttamente dai Cream di Eric Clapton, in particolare col pezzo ‘Sitting On Top Of The World’ del 1968.
Tuttavia va detto che lo stesso Brian ha anche riportato sul suo sito ufficiale che See What A Fool I’ve Been prende ispirazione direttamente dal brano ‘That’s How I Feel’ di Sonny Brown, Terry McGhee e Big Bill Bronzy, per cui l’antico mistero può considerarsi ormai risolto.
Del concerto alla Royal Albert Hall, comunque, non resta alcuna testimonianza, giacché non venne registrato nonostante la presenza del dj John Peel (famose le ‘Peel Sessions’ dei Queen risalenti al 1977 e presenti su svariati bootleg della band, n.d.t.). All’evento partecipò anche un amico di vecchia data di Roger Taylor, il futuro fotografo dei Queen John Puddifoot. È a lui che si deve la realizzazione di un brevissimo filmato di quel concerto, circa 3 minuti incisi su una pellicola 8 mm. Si tratta di un nastro privo di audio e la cui qualità è ben lontana dall’essere buona, ma è comunque una testimonianza giunta fino a noi, peraltro riprodotta nel documentario ‘Champions Of The World’, che però appare con il sonoro sovrainciso di ‘Step On Me’ ed ‘April Lady’, tratte dalle sessions che i Queen realizzarono ai De Lane Studios, delle prove ironiche che furono comunque registrate.
Tim Staffel ha un altro motivo per cui ricordare il concerto alla Royal Albert Hall: “Ricordo che a un certo punto mi misi a correre sul palco, solo che il cavo che collegava il mio strumento all’amplificazione era troppo corto e si staccò, per cui la nostra prima canzone iniziò senza il basso. Una cosa divertente, no?!”.
Grazie ad una fitta rete di contatti nella sua natia Cornovaglia, Roger Taylor assicurava agli Smile una certa regolarità di esibizioni. Tra le amicizie di Roger c’era anche Peter John Bawden, l’ex chitarrista degli Staggerless (band che incise assieme al cantante Dave Lee due singoli nel 1963 per la Oriole), che recentemente ha fondato un suo club a Truro, il PJ’s. I concerti che si tenevano in Cornovaglia erano autentici appuntamenti casalinghi per Taylor.
“Quel periodo di concerti in Cornovaglia fu il migliore per gli Smile, perché c’era un sacco di entusiasmo attorno a noi”, dichiara Tim Staffel a Mark Hodkinson. “Ogni concerto diventa un grande evento sociale, caratterizzati da bevute collettive”. Capitò anche che alla band si unisse Mike Dudlay, un amico di vecchia data di Roger dai tempi dei Reaction: “Era semplice suonare con loro per un paio d’ore, visto che ci conoscevamo da anni”, ricorda il musicista. “La cosa durò per un paio d’estati, prima che gli Smile diventassero i Queen”.
Sul giornale ‘Truro West Briton and Royal Cornwell Gazette’ comparve un annuncio dedicato agli Smile che in pompamagna recitava: “ritorna il bellissimo sound degli Smile. I fantastici, bellissimi Smile”. Era un definizione calzante? Sul punto Tim Staffel dice: “Probabilmente eravamo un gruppo che si dava da fare. Gli Smile non sono mai stati una band tossica; non so cosa accadesse nei Queen, ma sono certo che nelle tasche di Brian non avresti mai trovato nulla di compromettente”.
Il 28 Marzo del 1969 gli Smile fanno il loro esordio al PJ’s Club e per loro stessa volontà, sul manifesto dello spettacolo vengono definiti come “Tremendo gruppo londinese”. Descrivevano, inoltre, la loro storia citando una fantomatica presenza nel programma ‘Top Gear’ di Radio1, sebbene le prime sessions ufficiali per gli Smile iniziarono alcune settimane dopo. Tim Staffel ritiene che la questione possa essere considerata come una sorta di stratagemma per attirare l’attenzione della gente sullo show. E, infatti, John Peal ammette tranquillamente che nulla a nome Smile è in suo possesso relativamente a quel periodo del 1969.
Conclusa la tournée in Cornovaglia, gli Smile fanno ritorno a Londra, intenzionati a concedersi una pausa. Ma il 10 Aprile tengono comunque un altro concerto allo Speakeasy (e non al Revolution come spesso si legge in altre biografie). In questa occasione il gruppo fa la conoscenza di Lou Reizner, manager della Mercury Records, che anni dopo sarà il produttore di Rod Stewart. Reizner ascolta la band, manifesta il proprio gradimento e propone ai tre un accordo per incidere un singolo.
A quel punto gli Smile si scoprono al di là del mero ruolo di cover band. “Iniziò ad essere importante scrivere materiale nostro”, dice Tim. “Se non erro già nell’estate del 1968 avevo scoperto la passione per la scrittura dei testi e almeno tre canzoni erano venute alla luce. ‘Earth’ era una di queste, per la quale non c’erano state particolari influenze di altri generi. La scrissi perché rappresentava una storia di fantascienza. Infatti tutte le canzoni che scrissi in quel periodo erano delle storie di fantascienza (ricordiamo che anche Brian May, Roger Taylor e lo stesso Freddie Mercury erano grandi appassionati di fantascienza, tanto che il primo scrisse anche ’39, che racconta di un viaggio indietro nel tempo, mentre i Queen realizzarono la colonna sonora di Flash Gordon proprio in ragione della loro passione per la fantascienza, n.d.t.). Ci sono un paio di cose che oggi probabilmente suonerebbero troppo pretenziose”. Quali saranno le altre canzoni? E tra queste c’era forse anche ‘Silver Salmon’ (i fans dei Queen conoscono questo pezzo come uno dei demo più risalenti della band. Ne esistono un paio di versione, di buona qualità audio, n.d.t.).
Se ‘Earth’ venne scelta come singolo, la decisione per la b-side ricadde su ‘Step On Me’, uno dei pezzi più originali degli Smile, scritta in coppia da Tim e Brian e risalente alla loro esperienza con i 1984 (di questa prima versione del brano esiste una testimonianza sul cd ‘Thames TV’ dei 1984, testimonianza dei demo tapes realizzati dalla band, n.d.t.). “Era una buona canzone”, riconosce Tim, “In gran parte fu scritta da Brian, mentre io diedi il mio contributo nel testo”.
Entrambi i brani, con l’aggiunta di ‘Doing All Right’, vennero incise nel Giugno del 1969 presso i Trident Studios, che divennero poi la casa madre per le primissime cose realizzate dai Queen. La produzione venne affidata a John Antony, famoso collaboratore dei Van Der Graaf Generator e futuro produttore dei Queen.
Il singolo venne stampato esclusivamente per il mercato statunitense, mentre nulla lascia supporre che vi fosse l’intenzione di distribuirlo anche in Inghilterra. “Fu la Mercury Americana, che era indipendente dal ramo inglese, a proporci il contratto”, ricorda Tim, “per cui l’accordo valeva solo per gli USA”. In America il singolo venne pubblicato per la Shapiro Bernstein, un’etichetta locale ma, malgrado questi accordi, il primo singolo degli Smile si arenò alle mere copie promozionali nell’Agosto del ’69.
“Ognuno curava i propri interessi.”, racconta Tim, “La casa discografica non si impegnò. Non ricordo che il singolo fu un grande affare e, infatti, nessuno di noi vide dei soldi e se il disco non veniva fatto circolare non avrebbe mai attirato l’interesse di nessuno”.
C’è motivo di credere, comunque, che qualcosa si stesse muovendo anche in direzione dell’Inghilterra, visto che l’acetato del singolo era presente negli uffici della poi defunta etichetta Shapiro. Alla fine però, l’edizione promozionale per gli USA risultò essere l’unico prodotto commerciale realizzato dagli Smile.
Va detto, comunque, che in tempi successivi il singolo degli Smile venne ristampato su cd dalla Iron Wire. Inoltre è giusto sottolineare che gli Smile di Brian e Roger nulla hanno a che fare con una band chiamata allo stesso modo che incise alcune cose per la Decca sul finire degli anni 60. E il gruppo non è nemmeno da confondere con gli Smile che incisero un paio di dischi in america nel 1972.
Al di là del mancato successo discografico, gli Smile misero in campo una musica di buona fattura, così come confermato da Ken Testi, il manager degli Ibex di Bulsara. Testi passò con gli Smile un’intera nottata, come ricorda lo stesso producer nelle dichiarazioni rilasciate a Laura Jackson per il suo libro “I Queen e Me”: “All’improvviso Brian, Roger e Tim iniziarono a suonare i loro pezzi e descrissero quali progetti volevano realizzare. Mi resi subito conto di essere al cospetto di qualcosa di straordinario. Suonarono egregiamente e la tecnica esibita da Brian era da applausi. Il sound dei Queen prima che la band prendesse effettivamente vita. Erano speciali e tutti coloro che gli ascoltarono la pensarono allo stesso modo”.
Freddie Mercury doveva essere della stessa opinione e a Settembre incontrò gli Smile presso i De Lane Lea Studios, durante le sessions di registrazione di tre nuove canzoni: April Lady, Blag e Polar Bear, tutte prodotte da Fritz Flyer, ex chitarrista fondatore di una band dei primi anni 60 chiamata ‘Four Pennies’.
I De Lane Lea Studios all’epoca era un vero e proprio sottoscala e il lavoro fu rapidissimo” ricorda Tim. “Mi pare che partecipò anche un ragazzo, tale Keith Nelson che suonò per noi il banjo elettrico. Non so se il suo nome sia poi finito sulle note di copertina del disco, perché non possiedo una copia dell’LP, ma se non erro doveva essere americano e aveva costruito da sé il proprio strumento. Era una cosa divertente, e ricordo che non suonava proprio come un banjo, ma si creò un rapporto immediato con Brian, probabilmente per via della Red Special, anch’essa auto-costruita”.
Continua Tim: “April Lady era una ballata scritta da Stanley Lucas che ci era stata sottoposta da Freddie Mercury; un pezzo in 5/4 che mi piacque molto”.
Di April Lady esistono due cover: una realizzata nel 1981 da un oscuro gruppo americano chiamato Wax; la seconda più recente incisa da James Perry e, dal confronto tra la versione degli Smile e quest’ultima si scopre che Stanley Lucas ha inciso due pezzi con lo stesso titolo! Un’altra versione è stata poi incisa dai Southern Comfort.
“Blag era invece un pezzo strumentale scritto da Roger.”, racconta Tim, “Si basava su un riff che aveva in mente da un sacco di anni. La suonavamo sempre nei nostri concerti e rappresentava il nostro sfogo sul palco. Ci sono due o tre parti di armonie vocali sul pezzo che supportano la sezione ritmica”. Un pezzo che aveva in sé alcuni elementi portati dei riff che poi Brian ha suonato con i Queen, in pezzi come Liar o Son & Daughter, ma soprattutto in Brighton Rock”.
“Brian scrisse Polar Bear, di cui era anche il cantante.” aggiunge Tim. “Come recita il titolo era una delicata canzone dedicata proprio a un orso polare e rappresentava un lato dinamico degli Smile, la nostra parte più sensibile”.
All’epoca nulla del materiale suonato ai De Lane Studios vide la luce su vinile. Solo nel 1982 la Mercury Records, nella sua declinazione giapponese ha dato alle stampe un mini-album intitolato ‘Gettin Smile’, ma senza il permesso del gruppo. Il passare degli anni ha oscurato la storia degli Smile, così su quel disco le note di copertina risultano incomplete, tanto da indicare come “sconosciuti” gli autori di un paio di pezzi. In tempi più recenti, ovvero nel 1998, la Compagnia olandese Double Dutch ha acquistato la licenza dalla Mercury Records per dare alle stampe un altro disco degli Smile, intitolato “Ghost Of The Smile”, che per la prima volta offre una versione rimasterizzata dei brani incisi da Staffel e soci. Infine, esiste un altro cd, intitolato “Queen in Nuce” (realizzato in due differenti versioni) che raccoglie alcuni brani degli Smile, assieme ai due pezzi incisi da Freddie Mercury sotto le spoglie di Larry Lurex e un vecchio pezzo mai pubblicato prima dei Queen, intitolato “Made The Swine”, poi rilasciato ufficialmente come b-side del singolo di “Headlong” del 1991.
Il giornalista Geoff Orens scrisse per il prestigioso magazine americano ‘All Music Guide’ una recensione del mini album degli Smile prodotto in Olanda: “Gli Smile erano una band famosa per i loro concerti altamente dinamici e innovativi. La band non riuscì mai a sfondare e l’assenza di una produzione professionale ne accentua i caratteri di immaturità, sia nella musica che nei testi. Detto questo, il gruppo ha inciso delle ottime melodie e le qualità vocali di Tim Staffel, improntato verso il soul, sono indubbie, specie in pezzi come Step On Me e Doin’ All Right, quest’ultima suonata in modo delicato, prima del riadattamento ad opera dei Queen. Blag, invece, rappresenta un brano influenzato dalla psichedelica in stile Cream e rivela tutta l’abilità di Brian May e Roger Taylor in un modo che difficilmente si riscontra nei Queen stessi. Tuttavia pochi fans dell’epoca ritennero meritevole di considerazione questo gruppo, sebbene rappresentino un documento importantissimo per comprendere l’avvento dei Queen”.
Tim Staffel, a proposito di Doin’ All Right dice: Non ho mai creduto che si trattasse di una canzone brillante, ma con i diritti d’autore che ne sono derivati ho pagato un quarto delle tasse!”. Grazie alla grande produzione di Roy Thomas Baker, la versione di Doin’ All Right proposta dai Queen sul loro album di esordio risulta più dura rispetto a quella degli Smile, pur mantenendone intatte le caratteristiche originarie, come la struttura, l’arrangiamento e le armonie.
Forse l’aspetto più degno di nota nel confronto tra gli Smile e i Queen è la similitudine tra la voce di Tim Staffel e quella di Freddie Mercury. Un parallelismo che, se si escludono i falsetti messi in campo da Mercury, trova giustificazione soprattutto in brani come Doin’ All Right e Step On Me: “Sono sempre stato molto orgoglioso di come ho usato la mia voce su quei pezzi”, confessa Tim.
Poi Tim prosegue nelle sue riflessioni a proposito dell’avventura discografica (mancata) degli Smile: “Non fui sorpreso quando divenne chiaro che non sarebbe stato realizzato altro materiale. Su questo non ho mai chiesto a Brian e Roger se se ne stupirono, ma per me non fu così. Eravamo dei ragazzi di 21 anni, appena usciti dall’adolescenza, all’inizio della nostra presa di coscienza delle responsabilità che diventare uomini comporta prendere. Personalmente si verificò un graduale processo che mi fece uscire dall’heavy rock per entrare in una dimensione di canzoni più disciplinate. Anche i Queen fecero lo stesso percorso poi, ma in un’ottica più anglosassone. Alcune delle loro canzoni sono le migliori di tutta la musica inglese. Nei Queen c’era più integralità culturale, nel senso che non potevi chiedere loro di diventare dei cloni delle band americane, uno stile che invece io ho virtualmente perseguito dopo gli Smile”. (ricordiamo, infatti, che Tim Staffel pochi anni fa ha dato alla luce un proprio disco da solista, Amigo, nel quale peraltro figura una nuova versione di Doin’ All Right, n.d.t.).
Le registrazioni finali degli Smile, dunque, rimangono un prodotto non ufficiale. Nel settembre del ’69, dopo il loro secondo passaggio nei De Lane Studios, gli Smile fanno la conoscenza di un vecchio amico di Brian, Terry Yeadon, che all’epoca lavorava ai Pye Studios in Marble Arch: “All’epoca ero un assistente ingegnere”, ricorda Yeadon. “Gli Smile vennero nei nostri studi e registrammo Step On Me e Polar Bear su un 4 piste: prima incidemmo i cori, poi le voci, per poi mixare il tutto. Rimasi impressionato dal loro sound. Roger all’inizio era un po’ ruvido, ma Brian aveva già l’identico stile che mostrò nei Queen. Un mio amico, Geoff Calvar realizzò un acetato con il materiale inciso durante quella session. Purtroppo nessuna di quelle copie è poi finita sul mercato dei collezionisti”.
Nonostante le buone impressioni ricevute dalla band, Yeadon rifiutò di lavorare più a lungo con gli Smile e di loro non seppe più nulla fino al 1973, quando gli capitò di incontrare nuovamente Brian nei rinnovati De Lane Lea Studios. In quell’occasione i Queen erano stati chiamati a provare i nuovi impianti di registrazione. Di quelle sessions esistono fortunatamente varie testimonianze audio, spesso ritenute dai fans nettamente superiori rispetto al materiale poi inciso sull’album di esordio dei Queen. Per Yeadon, comunque, quella fu l’occasione per ricevere la menzione del proprio nome sulle note di copertina del disco.
Il successivo passaggio memorabile nella carriera degli Smile avvenne nel Dicembre del 1969 quando presero parte a un concerto tenutosi al Marquee. Erano stati chiamati dalla Mercury Records per fare da band di supporto ai Kippington Lodge di Nick Lowe (artista che dopo un periodo di oblio, intendeva rilanciarsi). Gli Smile suonarono per circa 30 minuti, ma non riuscirono a suscitare l’interesse sperato. Il concerto non fece particolare impressione nemmeno allo stesso Tim Staffel: “Ricordo solo il nome del gruppo cui facemmo da spalla, niente di più”.
L’inizio degli anni 70 gettano ombre sulle sorti degli Smile. Gli studi di astronomia sottraggono sempre più tempo a Brian May, tanto che a Febbraio si allontana per parecchio tempo dalla band a causa di un progetto di studio sulla luce zodiacale da svolgersi a Tenerife (ricordiamo che proprio su questa materia si basa la tesi con la quale Brian si è recentemente laureato in astrofisica, n.d.t.).
Con la perdita dell’entusiasmo, per la band inizia anche il momento del tirare le somme: “Soffrivamo per le nostre magre finanze al pari di qualsiasi altra band studentesca”, spiega Tim a Laura Jackson. “Riuscimmo ad esibirci in alcuni importanti concerti, come supporter di nomi di spicco per l’epoca. Abbiamo avuto anche dei bei momenti. Magari non sempre siamo stati all’altezza, ma quando eravamo al nostro meglio valevamo il prezzo del biglietto”.
Alla fine Freddie Mercury ricevette la proposta di entrare nel gruppo, dopo che le esperienze con i Wrekage, gli Ibex e i Sour Milk Sea si erano concluse o erano destinate a chiudersi con un nulla di fatto.
“Decisi di abbandonare gli Smile nel 1970 quando mi lasciai sedurre dalla musica americana”, racconta Tim. “C’era una radicale differenza rispetto alla realtà inglese. All’epoca mi capitò di ascoltare un disco che rivoluzionò completamente il mio modo di intendere la musica, il primo album di Ray Cooder. Fu una vera e propria catarsi. Decisi subito di mettermi contro il rock inglese”. Sempre parlando con Laura Jackson, aggiunge: “Quando lasciai gli Smile per le mie ragioni personali, in un certo senso segnai l’inizio dei Queen, che furono la naturale conseguenza evolutiva degli Smile. Per fortuna mi feci da parte!”.
Con la dipartita di Tim Staffel e l’ingresso nel ruolo di vocalist di Freddie, la band perse il proprio bassista, giacché era Tim a suonarlo. Per cui il gruppo provò un paio di musicisti, primo fra tutti Mike Grose, un amico di Truro di Roger (da non mettere in relazione con Johnny Grose dei Reaction, la prima band di Taylor). Fu così che Grose divenne il quarto membro del gruppo e il bassista originale dei Queen.
L’ultimo concerto degli Smile si svolte a Truro e il mutamento del nome in Queen è testimoniato da alcuni annunci apparsi sul quotidiano di West Briton, sebbene nel concerto che la band tenne il 27 Giugno del 1970 alla City Hall di Truro, furono costretti a presentarsi ancora come Smile a causa di questioni contrattuali. Il 27 Luglio dello stesso anno, invece, per il concerto che tennero al PJ’s poterono utilizzare finalmente il nome Queen. Il loro debutto londinese si tenne poi all’Imperial College.
“Per realizzare il mio progetto di suonare musica americana mi misi in cerca della gente giusta per formare gli Humpy Bong (nome della zona in cui i pionieri australiani si installarono per dare vita alla nuova comunità nel 1840, n.d.t.).”, racconta Tim. “Fu così che incontrai Jonathan Kelly, che è stata una delle maggiori influenze della mia vita, sia intellettualmente che musicalmente. Con gli Humpy Bong riuscimmo anche a pubblicare un singolo, ‘Don’t You Be Too Long’ che fece il suo ingresso nella classifica di Top Of The Pops”.
Dopo questa esperienza però per la nuova band di Tim fu l’oblio.
Mentre i Queen proseguirono il loro triennio di prove e concerti, allo scopo di perfezionarsi in vista del debutto discografico, avvenuto il 13 Luglio del 1973, Tim abbandona anche gli Humpy Bong e assieme all’amico Jonathan Kelly dà vita ad un nuovo progetto, i Morgan, fondata dal futuro tastierista dei Mott The Hoople (fu anche collaboratore on stage dei Queen nei primi anni ‘80) Morgan Fisher. Alla band si unirono anche Chas Jankel e Snowy White e i Morgan si connotarono subito per lo stile progressive.
Il brano originariamente degli Smile ‘Earth’ venne incluso nel primo concepì album dei Morgan, intitolato ‘Nova Solus’ (molti ne sono all’oscuro, ma Morgan Fisher ha una carriera attualmente in corso, in bilico tra sperimentazioni e arte. Il suo sito personale raccoglie la sua storie, compresa la collaborazione con i Queen e la descrizione dei suoi lavori, n.d.t.).
“L’idea di fondo del disco è che il Sole esplode, distruggendo la Terra e costringendo i superstiti ad abbandonare il sistema solare”, spiega Tim a proposito di ‘Nova Solus’.
La carriera di Brian May risulta parecchio differente nel percorso seguito rispetto a quella di Tim. In proposito racconta Brian al giornalista Steve Rosen: “Gli Smile ci avevano gettano nella disillusione. Avevamo inciso un disco che però non vendette nulla e così ci ritrovammo senza sapere dove andare, che direzione prendere: finimmo davvero in uno stato di depressione. Qualche volta suonavamo nei club e le reazioni erano anche buone, ma ciò non portava poi a nulla perché magari nel posto successivo non interessavamo a nessuno. Perciò pensavamo che ci serviva un altro disco per poter proseguire. Del resto è questo il solo modo per spingere la gente a interessarsi. Quindi con i Queen ci muovemmo subito nella direzione della scrittura di nuovi pezzi che poi finirono sul nostro primo disco. E anche se all’epoca non vendette molto, ci diede comunque il giusto impulso e la notorietà sufficienti a lavorare sul nostro secondo disco”.
Oggi Tim Staffel lavora nel settore della tv commerciale e il suo nome compare anche nei crediti di una fortunata trasmissione intitolata “Thomas The Tank Engine”.
“Nel 1981 ho anche collaborato con la Hipgnosis per la realizzazione della cover di un disco (si tratta della stessa società che ha curato le copertine per gli album dei Pink Floyd, con i quali lo stesso Tim lavorò sul progetto grafico di un loro poster negli anni 60, n.d.t.). All’epoca non avevo nemmeno idea di quale fosse il disco o l’artista per cui lavorai. Poi scoprì che si trattava di Fun in Space, il primo album da solista di Roger! Non ne avevo la minima idea. Fu una cosa davvero bizzarra”.
Anche se non più come una volta Tim, Brian e Roger sono occasionalmente in contatto. Il 22 Dicembre del 1992 si ritrovarono ancora una volta sul palco come Smile per una reunion, quando i The Cross, la band di Roger Taylor si esibì al Marquee. In quell’occasione suonarono ‘Earth’ e ‘If I Were A Carpenter’, le due canzoni che gli Smile avevano eseguito nell’ormai lontano 1969 nella memorabile performance alla Royal Albert Hall.
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