INTERVISTA INTEGRALE DI ROGER TAYLOR PER RECORD COLLECTOR DI DICEMBRE 2013

Traduzione in Italiano per gentile concessione dell'autore, CLAUDIO TASSONE - Comunità Queeniana Italiana

 

Lungi dall’essere un vecchio strampalato che picchia tanto sulla batteria, Roger Taylor è uno degli uomini più intelligenti del rock. Ricorda per Paul Lester l’apice dei Queen, Bowie, i Pistols, Mott e molto altro. Ma non fategli parlare dei politici…

Roger Meddows Taylor, a volte leader dei The Cross, artista solista e uomo alle bacchette di una band chiamata Queen è uno dei batteristi selezionati ad essere fra i più conosciuti: Keith Moon, Ringo Starr, Phil Collins ─ lui è uno di loro. E l’imponente villa in periferia, la casa nel Surrey posizionata in una larga proprietà immersa nella vegetazione, si sposa con tutto il resto. Siccome ha gli acufeni, Taylor ne ha patito le conseguenze per anni, anche se li ha tenuti sotto controllo con l’aiuto di un medico di Harley Street.

E’ una cosa con sui devo convivere”, dice dallo studio nel retro della sua dimora. “Tutto sta nell’avere una predisposizione positiva. La gente tende ad esserne infastidita e questo rende le cose peggiori. E’ psicosomatico”.
Ha un altro requisito delle rock star: svariati tatuaggi, sulle braccia e dovunque sul corpo. “Amo i tatuaggi,” dice radioso, ammettendo di aver scoperto il piacere della body art “molto tardi nella sua vita… E’ il miglior modo,” aggiunge “non mi importa più niente ─ non c’è nessuno che mi possa richiamare. E’ il mio modo di dire ‘fottetevi!’”

Ma a chi sta dicendo “fottetevi”?

A tutte le autorità,” ride Taylor, più schietto e a dare un più ampio raggio di obiettivi al suo eloquente veleno, che a fare nomi. “A tutti quelli che mi dicono cosa devo fare. Sono sempre stato così. Non mi piaceva ricevere ordini. E odio che mi venga detto cosa fare.”

E’ incredibile la rapidità con cui le band storicamente si siano spostate nelle periferie, dai Beatles in avanti. Tu hai fatto lo stesso. Probabilmente è per ragioni di riservatezza piuttosto che per sfoggiare le tue ricchezze?

SI, assolutamente. Ricordo che quando andavamo in tour ci sentivamo intrappolati ovunque andassimo e ci sembrava di non poter fuggire o avere un po’ di riservatezza. Io amo Londra ─ penso che sia il centro del mondo ─ ma sono cresciuto in campagna, e si viene qui per avere pace.

Esssendo una band con un immenso successo, vi siete dovuti sentire contemporaneamente invincibili e invulnerabili, sempre onnipotenti nelle esibizioni?
Penso che chi si crede invulnerabile sia uno sciocco.

Perfino sul palco della vostra maestosa esibizione al Live Aid, dici?
No, in situazioni come il Live Aid sei solo preoccupato che tutto vada storto!

Qual è stato il tuo momento di suprema invincibilità, se ne hai mai avuto uno?
Mai avuto uno. Ho avuto molti grandi picchi e momenti di soddisfazione, normalmente dopo uno spettacolo. Non è mai così prima di uno spettacolo ─ è molto tranquillo. Il più delle persone l’affrontano così [il nervosismo], standosene tranquilli e concentrandosi, perché c’è un gran lavoro da fare e lo si deve fare per bene.
Non credo che ci sia nessuno che se l’è vista facile sul palco così semplicemente.


Nick Cave mi ha detto il suo momento più ripugnante era appena prima di salire sul palcoscenico. Tutti i dubbi e le ansie su se stesso se li sentiva minacciosi nella testa in quel momento.
So esattamente cosa significhi, anche se quello è il modo più angosciante di esprimerlo. Ti auto-interroghi come non mai. Non andrei così oltre, fino a provare disgusto.

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Qual è stato il primo disco che hai comprato?
Penso che fosse Little Richard, un 45 giri, ed avevo solo un giradischi a 78 giri, quindi cercai di riportarlo indietro. Poi comprai un disco degli Shadows ─ mi sono piaciuti molto.

Sei in contatto con i componenti delle tue prime band, come The Reaction o The Bubbling Over Boys?
No. Con Bubbling Over Boys avevo otto o nove anni. Nei Reaction ero un teenager, ma non siamo in contatto. Vedo molto di rado Tim [Staffel] degli Smile.

La musica che suonavate in quelle band era Mersey Beat o mod rock?
No, era soul. Era ciò che i ragazzini volevano sentire nei pub e nei club. La loro idea di soul era Geno Washington & The Ram Jam Band. Ovunque c’erano cori che dicevano “Geno! Geno!” Facemmo materiale di Otis Redding, poi provai a dirigermi verso Jimi Hendrix, il che risultava complicato perché non era ancora una istituzione.

Hai visto Jimi Hendrix dal vivo?
Si ─ 14 volte! Eravamo molto spinti da lui. Ho visto quel famoso [tour] con in programma Jimi Hendrix, The Move, Pink Floyd, Amen Corner ed Eire Apparent. Era incredibile. Lui era il miglior performer dal vivo che avessi mai visto.

Hai ancora il tuo primo ukulele?
No. Era un orrendo, finto oggetto hawaiano. Costava circa due Sterline. Avevo otto anni. Volevo essere Lonnie Donegan: lo vidi in TV. C’era più musica in televisione alla fine degli anni ’50 e nei primi ’60 rispetto a quanta ce n’è ora, e questo è disgustoso e patetico. Le persone della BBC sono stupidi burocrati che non capiscono ciò in cui siamo bravi in questo paese. Siamo bravi nella musica. Abbiamo conquistato il mondo con i nostri artisti.

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Il povero vecchio Top Of The Pops.
Il loro errore fu non parlare mai degli album. Proprio quando i singoli stavano diventando irrilevanti negli anni ’70 e l’album li stava superando in vendite, loro lo ignorarono! Ti sembro acido? E’ perché intendo assolutamente esserlo.

Ricordi il vostro primo Top Of The Pops?
Si. Eravamo lì con nessun’altro, perché era lo studio delle previsioni del tempo. Penso che ci fosse uno sciopero, Bowie venne cancellato e a noi fu dato il suo spazio. Era per Seven Seas Of Rhye. Era uno studio minuscolo e loro filmarono senza pubblico.

La chiacchierata nel cortile della scuola il giorno successivo deve essere stata di quelle più esilaranti.
Si, “Chi erano quelli? E chi era quel tipo che si pavoneggiava nelle piume?” Quello era tutto il senso di Top Of The Pops: fare sensazione e far pensare le persone, fortunatamente con della buona musica dietro di questo. La gente si travestiva.

Pianificavate quello che dovevate indossare?
Dicevamo sempre che ci saremmo vestiti di nero o di bianco, oppure entrambi. Nessun colore. Pensavamo che i colori fossero da sfigati. Freddie ed io eravamo molto addentrati nell’abbigliamento.

La Moda [Taylor e Mercury avevano una bancarella al Kensington Market] o l’odontoiatria [Taylor l’ha studiata prima di passare a biologia] potevano essere carriere alternative per te?
Non sarei mai diventato un dentista, ammettiamolo. Ed ero scarso anche come imprenditore nell’abbigliamento.

I Queen avevano uno stilista?
No. Freddie ha avuto persone che realizzavano i suoi abiti e Zandra Rhodes ha fatto per noi un sacco di roba, che io ho indossato al Friars Aylesbury, e mi ha fatto tanto sudare che non l’ho messa più.

Parlavate fra di voi di superare Bowie in quanto a bizzarria?
No, non cercavamo di superarlo. Lui faceva le sue cose, che noi pensavamo fossero fantastiche. Pensavamo a noi in modo diverso.

Vi confrontavate con altre band all’inizio?
Beh, venivamo lanciati insieme a gente pop a Top Of The Pops ─ gente come Slade, Noddy [Holder], Jimmy [Lea], che erano persone adorabili. C’era molta merda ovviamente, ma poi si incontravano band serie ai concerti. Ci trovammo bene con i Mott The Hoople ─ gli facemmo da spalla in giro per il paese e in America. Andavamo sul palco con loro e cantavamo All The Young Dudes nel finale. Erano dei grandi del rock. Abbiamo imparato molto stando con loro.

Avete fatto un tour con i 10cc?
No, ma abbiamo fatto un concerto con loro. Erano eccellenti. Facevamo più concerti di loro. Erano più del genere da sala di registrazione, ma roba di grande inventiva. Non erano dei tipi da concerto.

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I Queen hanno ascoltato la mini-opera dei 10cc Une Nuit A’ Paris prima di fare Bohemian Rhapsody?
No. Ricordo che un mio amico mi fece sentire I’m Not In Love dal loro album [The Original Soundtrack] prima che uscisse come singolo, ed era grande. Ma non so se nessuno di noi abbia mai sentito quell’altra.

I Queen erano del gerere art-rock? Harmonic metal?
L’ultima potrebbe essere più appropriata. Non volevamo essere catalogati. Non cercavamo di entrare nel campo di nessun altro. Andavamo in tutti i tipi di direzione. Non eravamo glam rock, ma eravamo teatrali. Eravamo heavy e avevamo potenti armonie. Avevamo un arsenale davvero buono.

Le armonie erano influenzate da Abbey Road dei Beatles?
Veramente no. Non ci ispiravamo a armonie [di altre band], ad eccezione degli Yes. Furono brillanti al Marquee [di Londra].

C’era una band dell’epoca che ha influenzato i Queen in termini di scala ed ambizione?
Si, i Led Zeppelin. Ci piaceva tutto di loro. Ricordo che andavo a seguirli quando erano assolutamente al loro apice in America. All’epoca non avevamo ancora quelle dimensioni.

Quando i Queen suonarono per la prima volta in una arena?
Andavamo dai grandi college a… ricordo la nostra prima volta al Madison Square Garden e fu un passo molto grande. Ero molto nervoso quella volta. Dovevamo fare il grande passo.

E’ strano come dei colossi del rock ─ Zep, Floyd, voi stessi ─ per quanto siate membri indiscutibili del pantheon oggi, ricevevate recensioni striminzite e sprezzanti all’epoca…
Si, ricordo che Electric Ladyland [di Hendrix] ebbe una recensione terribile da Chris Welch [di Melodi Maker]. Pensai, “Idiota, ma sei sordo? Pensavo che fossi un uomo intelligente!” Perché pensavo che fosse un doppio-album innovativo e pieno di meraviglie. Credo che non andasse incontro a quello che voleva la critica.

Ricordi la vostra prima recensione?
No. Ma ce ne erano moltissime negative. Ricordo che Melody Maker ci accusò di fare “rock da supermercato”, qualunque fottuta cosa esso sia. Credo che addirittura Freddie non sia mai entrato in un supermarket!

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Freddie prese un sacco di legnate. Ci fu un titolo del NME con affianco una sua foto in calzamaglia bianca, che diceva: “Questo uomo è un culo?” I Queen cercavano riconoscenza dai giornalisti?
Io no. Ma in centro a Los Angeles vidi John Bonham sollevare un ragazzo di Sounds prendendolo dal colletto e tirandogli pugni nello stomaco. Io stavo parlando con John e lui ad un certo punto disse “Scusami un minuto.” Pensai, “Mmm.”

Ti sei precipitato ad aiutare il malcapitato?
No! Ero completamente d’accordo con Bonham. Sembrava che quel tipo gli avesse fatto una cattiva recensione e questo gli aveva rovinato la colazione.

I Queen sembra che si siano sempre comportati troppo bene per fare cose del genere.
Non è vero del tutto. Solo che dopo un po’ non ci preoccupavamo più delle critiche. Dopo aver preso un sacco di merda e quando poi sei popolare, capisci che ciò che importa è che alle persone piaccia quello che fai. Se ad altre persone non piace, beh, son cazzi loro.

Qualche componente dei Queen ha mai preso a pugni un compagno?
Non siamo mai scaduti ad arrabbiarci fino a quel punto ─ eravamo abbastanza intelligenti per non farlo. Abbiamo avuto i nostri battibecchi…

C’è mai stata una quasi rottura di cui non abbiamo mai sentito parlare?
Oh, sono certo che ogni band abbia rischiato di separarsi molto spesso. Ma la ragione prevale. Non ho mai avuto uno scontro verbale con Freddie, davvero.

Chi era il più diplomatico e paciere fra di voi?
Probabilmente io.

E quello imprevedibile?
John [Deacon]. Semplicemente spariva.

Per andare a fare cosa?
Non ne ho idea. Un giorno c’era un foglietto attaccato al suo basso che diceva: “Sono andato a Bali”. Tornò due settimane dopo. Era all’inizio degli anni ’80.
 

Vi siete mai messi insieme tu, John e Brian (May) a ricordare i vostri giorni di gloria?
No. Non vedo mai John. E’ scomparso nelle viscere di Londra. Penso che nessuno veda John. E’ una sua decisione. Non credo che vedere le persone gli faccia piacere. Penso che lo rendano molto nervoso. E’ fragile e dovremmo lasciarlo stare.

Deve essere una tentazione rimettersi insieme ai due amici che nanno condiviso tutto con te?
Non lo è se loro non vogliono! L’ultima cosa che vorrei fare è andare e dire, “Compagni, usciamo per un drink!” perché sarebbe senza senso. Vedo Brian in ogni momento ─ ci troviamo davvero bene. Perché non dovrebbe essere così? Saremmo sciocchi se non lo fosse. Ecco perché lavoriamo così a stretto contatto per sbrigare le cose dei Queen [il musical, il film, il gruppo]. Ci conosciamo molto bene. Lui è come un esperto universale. Alcune delle sue cose sono un po’ matte, alcune sono incredibili ─ come l’astronomia.

Hai qualche strana ossessione?
Mi piace la campagna e il mare.

I’m In Love With My Car (lato B di Bohemian Rhapsody) è stata la tua più grande fonte di guadagno?
Certamente no. [Ma] Se scrivi il lato B di una hit, ricevi gli stessi introiti dalla pubblicazione [come il lato A]. Questo non accade oggi.

Quale canzone vi porta più royalties?
We Will Rock You. Alcune delle nostre canzoni sono diventate più grandi con il passare del tempo, specialmente Don’t Stop Me Now, che era una hit di medio livello e che ora è una delle nostre canzoni più popolari.

Il vostro pubblico è cambiato quando la carriera dei Queen è iniziata a decollare?
Era diverso. In Giapone avevamo un sacco di giovani ragazzine. In America erano per lo più studenti.

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E’ vero che dovevate partecipare a un episodio del programma Today show con Bill Grundy, quando poi ci andarono i Sex Pistols?
Mi risulta che fossimo prenotati per andarci e non potemmo. Guardando al passato non è un gran momento. Lui [Grundy] era una vecchia stupida canaglia, vero? Uno stupido vecchio idiota facilmente ingannabile. Ma dissero davvero tranquillamente “che fottuto mascalzone”. Tutta la confusione ci fu per quel motivo.

Si dice che Freddie successivamente ebbe un incontro casuale con Vicious e Rotten. E’ vero?
Non casualmente. Le cose con loro andavamo molto bene. Sid era stupido. Non sapeva suonare; era davvero un uomo senza speranze. Magari era una icona punk, ma era un cazzone. John era simpatico. E gli altri due [Steve Jones e Paul Cook] erano una grande sezione ritmica da quando Chris Thomas [il produttore di Never Mind The Bollocks] ci mise la sua mano. Noi [i Queen e i Pistols] guardavamo la televisione insieme di notte nella Wreck Room ai Wessex Studios di Stoke Newington.

E’ buffo pensare a Freddie e Johnny nel loro abbigliamento ─ così esuberanti e su strade così differenti fra di loro! Con il senno di poi, pantaloni bondage in tartan e spille da balia sembrano così meno inautentiche rispetto a una tutina bianca…
Era fottuto showbusiness, giusto? E’ tutto senza senso. Anche le teste rosse hanno venduto un sacco di carta fingendo che fosse tutto oltragioso.

Il tuo singolo di debutto del 1977, I Wanna Testify, era un ritorno alle radici del movimento punk?
Veramente no. Era una vecchia cover dei Parliaments, per cui la vidi come una cosa a-cappella. Ricordo un sacco di armonie a quattro voci. Era una canzone doo-wop ─ nulla a che fare con il punk. Magari l’ho fatta un po’ più rock perché quello era ciò da cui provenivo. Era da tanto che la ascoltavo.

I Queen erano inusuali nel fatto che eravate tanto la quintessenza degli anni ’70 come band e poi negli anni ’80 avete avuto un’altra carriera, quasi come un gruppo diverso in termini di aspetto e suono…
Suppongo che siano i singoli e i video a definirci così nella testa della gente. Non nella nostra testa. Avevamo alcune hit molto forti e MTV volava all’epoca e diventammo visualmente parte di quel mondo.

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Siete diventati degli inaspettati fornitori di inni totalitari negli anni ’80.
Ho sempre confidato nel pubblico inglese: ci sono stati sempre vicini. Non abbiamo mai lasciato che nessuno ci limitasse, quindi la nostra musica ha coperto un sacco di territori. Per sfuggire dalla noia. Non abbiamo mai voluto fare un disco che fosse uguale al precedente. Ma non saprei riguardo il “totalitario”. Inni omni-comprensivi, si. Lo prenderò come nostro secondo nome.

Perché avete gravitato intorno ai canti da stadio: One Vision, We Will Rock You, We Are The Champions, I Want To Break Free?
Se riesci a scrivere un inno di ogni genere, stai facendo una cosa buona. Li abbiamo scritti per connetterci con il nostro pubblico ed incoraggiare un sentimento di unità e tutt’uno insieme a loro. Non c’è niente di male a cercare di attrarre più persone possibili. Siamo nella musica per comunicare. Pensare a degli inni alternativi alle bandiere comunque? Non mi piace sventolare bandiere. Non lo sopporto ─ fottuti patrioti. Ma credo che funzionarono bene ─ e poi vennero presi in prestito dagli sportivi, particolarmente in America, dove una o due delle canzoni sono inni immensi. E’ fantastico e positivo. Vuol dire che la tua musica è parte della cultura ed è una delle cose di cui Brian ed io andiamo davvero orgogliosi. Non si può sfuggire a noi!

Eri il playboy della band?
Nah. Penso che tutti lo fossimo. Davvero, tutti sconvolgenti. Dare punteggi? No, certamente no.

Negli annali dei Queen c’è un equivalente alla legenda dei Led Zeppelin con il red snapper?
Siamo arrivati a fare molte cose, ma non penso a nulla di equivalente a quello.

C’è stato un momento o era pura buffonaggine?
C’erano interi tour che erano pura buffonaggine, davvero. E’ difficile ricordare singole situazioni individuali. Piuttosto, alcune è meglio che non le ricordi…

Una rivista una volta vi ha proclamati “Secondo Gruppo Preferito dei Britannici”.
Un complimento ambiguo, se mai ne ho sentito uno!

Zeppelin, Who, Queen, Stones: chi era il più grande e il migliore?
Tu sapresti rispondere? Epoche di tipo differente, davvero. Noi [britannici] abbiamo prodotto tutte le migliori band nel mondo. Ma non lo sapresti se fossi un turista.
 

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I Queen sono un marchio in questo periodo, come con il musical, la tribute band, il film…
Non voglio parlare del film. Ogni volta che lo faccio qualcosa cambia. Sono solo lieto di non essere nel mondo del cinema. Non lo stiamo producendo noi ─ stiamo facendo le musiche.

Sai chi interpreterà la tua parte?
No.

Vi hanno chiesto di alcune conversazioni che avreste potuto avere, dico che vogliono ricreare nel film?
Loro chiedono, “Era vera quella cosa?”, “E’ verosimile che sia accaduta?” Siamo una specie di consulenza.

Quale scena che andranno a rappresentare ti preoccupa di più?
Il punto è più fare correttamente Freddie. Quello è più importante di ogni rappresentazione personale. Me ne sto al di fuori più che posso. Non ne sono tentato. Non voglio metterci anche il mio remo. Solamente trovare le persone giuste e lasciare che facciano il proprio lavoro.

Avete potere di veto?
Non gli concederemmo la nostra musica ─ questo è il nostro veto. Ma non vogliamo una versione della verità disinfettata, carina, educata e pulita.

E’ un misto di comico e tragico?
Penso che puoi dirla così. E’ così che era. Da straccioni a ricchi, dal trionfo alla tragedia. E’ tutto lì.

Raramente i biopic sono una gran cosa.
I Walk The Line era buono. Non ne sono mai stato un particolare ammiratore [di Johnny Cash] fino ai suoi ultimi due dischi. Erano fantasticamente emozionanti.

Qual è stato l’ultimo disco che ti ha fatto sentire così?
Mi piace molto la musica dei Sigur Ròs. Mi emozionano.
 

Fun On Earth


Il tuo nuovo album Fun On Earth è eclettico.
Spero che sia eclettico. In One Night Stand faccio la parte di Bolan ─ in essa c’è una parte di Get It On. L’assolo di chitarra è mio. Be With You, non volutamente, ma qualcuno mi ha detto che ricorda i Pink Floyd di Wish You Were Here.

Quality Street è un rock-operaio degno del Boss.
E’ così che la vedi? Questo è interessante. E’ una sorta di ispirazione, un uomo che lavora sodo che raschia il suolo e diventa fortunato. Up è un eccentrico art-funk, con lo stesso sintetizzatore analogico che ho usato in Radio Ga Ga. I Am The Drummer (In A Rock’N’Roll Band) è la mia canzone comica. Il batterista in genere è il bersaglio delle barzellette. Alcune di esse sono davvero divertenti: “Cosa vuoi diventare quando crescerai?” “Un batterista.” “Beh, non puoi fare entrambe le cose.”
Ho pensato di prendermi una piccola incazzatura e dire, “Io sono il batterista, ma faccio tutto io il lavoro in questa band.”


La tua carriera è la rivincita del batterista?!
Faresti meglio a chiedere a Phil Collins! Cerco solo di essere un musicista, davvero, e fare le cose che amo. E’ veramente così facile. E suonare la chitarra, e scrivere canzoni, che è incredibilmente soddisfacente.

E’ vero che Fun On Earth inizialmente doveva essere chiamato The Unblinking Eye (Everything Is Broken)?
No. Quella è solo una canzone che ho scritto 18 mesi fa ed è uscita in rete. Riguarda il paese che cade a pezzi e tutto quanto che è rotto, cosa che si verifica. L’economia, le strade principali, tutti i negozi che chiudono…. Totale cattiva amministrazione.
Un disastro.


Hai mai cercato di rendere note le tue sensazioni alle autorità locali?
Penso che i politici siano corazzati. La loro pelle è così spessa che non credo che nessuno possa parlare compiutamente con loro. Vedo che William Hague era disperato dall’uragano in Siria l’altro giorno. Che coglioni bellicosi che siamo. Non potevo credere a quanto fossimo stati rapidi a fare un’altra guerra. E’ stato molto infiammatore. Naturalmente ora lui è tornato indietro pedalando furiosamente. Non mi fido di nessuno di loro.

Hai mai considerato l’ipotesi di farti coinvolgere?
Non posso sopportare la burocrazia, le commissioni e le stronzate. Ho paura di essere un po’ solitario.

Hai già fatto il Giubileo Reale del 2002 e le Olimpiadi. I Queen sono dei Reali del rock, in quanto istituzione come Queen? Oppure ti senti come un outsider che sfonda le barricate?
Se ti chiedono di prendere parte alla cerimonia di chiusira delle Olimpiadi, probabilmente dici di si. Ma noi insistimmo per suonare dal vivo. E’ molto più semplice prendere l’hard disk e fingere di suonare. Ma fin da TOTP, Brian e io non lo facciamo più. Il playback è orribile, è una maledizione. Rod Stewart si arrabbiava molto per questo. Non voleva neanche fingere di cantare al microfono. Era proprio sovversivo.

La rivista Creem ha detto che somigliavi a “Rod Stewart sotto trattamento di elettroshock”. Pensieri?
Oh mamma mia! E’ una cosa bella? Non lo so. Lui è molto simpatico. Tende a vestirsi in modo vistoso. Ha sempre messo il panciotto insieme alla cravatta, che io credo sia un po’ eccessivo. Moda? Se sei vagamente attuale, tendi a seguire il look che c’è in circolazione. Come negli anni ’80, si vestivano le spalline imbottite. Ma non credo che siamo caduti nella trappola del sembrare insopportabilmente stile ’80 come fecero delle altre band. Si, tutti noi avevamo i capelli in stile anni ’80, ma alcuni gruppi erano spaventosi.

Cosa ha maggiore significato: essere votato l’ottavo più grande batterista in un recente sondaggio, oppure comparire nella Lista dei Ricchi del Sunday Times?
Il batterista rock. La Lista dei Ricchi è una cazzata. E’ meraviglioso essere in un elenco insieme a Bonham e Moon; due dei miei preferiti.

C’è un complimento che ti è stato conferito negli anni che emerge rispetto ad altri?
I complimenti sono grandiosi, ma ho imparato la maniera in cui prenderli, e anche al contrario. Non lasciare che i complimenti ti diano alla testa e, se ti consumano, non lasciare neanche che ti influenzino: non ci puoi fare niente.

Con il tuo box set, The Lot, si può studiare la tua intera carriera. Come è?
E’ molto soddisfacente avere tutto raccolto insieme in un solo posto. Non capivo quanto ci fosse: otto CD, video, un sacco di singoli. Ne avevo dimenticati molti. Ma è molto soddisfacente. Ora posso dire: “guarda, ecco quello che ho fatto. Sono anche stato in quella band, ma ho fatto anche queste altre cose.” E’ una bella sensazione.

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