Dal quartier generale dei Queen tutta la storia di come è nata l'idea di arruolare Paul Rodgers.

Rolling Stone - Settembre 2008 - di Manlio Benigni

Il quartier generale dei Queen, e incidentalmente dirà Paul Rodgers, anche la casa di Roger Taylor, è una splendida tenuta in una località sperduta nel Surrey, in piena campagna inglese.

Il che significa verde a perdita d'occhio e il soffio di una gradevolissima aria primaverile, lontani dall'afa dell'estate metropolitana. Un posto fuori dal tempo, dove anche l'eventuale pioggerellina non fa rumore, quasi per paura di disturbare

Quel che colpisce qui è infatti l'assoluto silenzio in cui sono immersi gli impiegati di questo palazzo ufficio, ad esclusione dell'occasionale eco di una batteria (è il padrone di casa quello che si esercita in lontananza?).

Non fosse per gli album dei Queen impilati negli scaffali, peraltro in mezzo ad un discreto numero di libri, e per gli innumerevoli dischi d'oro e di platino alle pareti, questo potrebbe essere il buen retiro di un gentiluomo inglese o di un magnate russo. Guardando un pò meglio, nel salove dove vengo condotto spuntano due flipper, un enorme biliardo, un calcio balilla, una grande TV con annessa consolle e videogiochi. Come suggerisce la scritta su un flipper, questa deve essere la fun house, la stanza dei trucchi, incanti e divertimenti della casa.

Ci sono diversi buoni motivi per incontrare oggi il frontman del progetto denominato Queen + Paul Rodgers. Ad esempio l'uscita del primo album di materiale nuovo dei Queen da quel 1991 che vide la pubblicazione di Innuendo e la morte di Freddie Mercury (non contando il postumo Made in Heaven). Oppure il nuovo tour mondiale, che porterà il gruppo, composto oggi da Brian May, Roger Taylor e Paul Rodgers, in Italia per due date, il 26 settembre al PalaLottomatica di Roma e il 28 al Datchforum di Assago (Milano).

Il più stuzzicante, magari,è' sentire dalla viva voce di Paul Rodgers la sua versione di questo 'strano incontro' che tanto fa discutere i fan del leggendario Freddie Mercury, e che ha unito due mondi in apparenza inconciliabili: il rock rutilante, spesso irresistibile dei Queen e l'amore appasionato per il blues e il soul della voce di storici gruppi inglesi come Free e Bad Company.

Preceduto dalla moglie Cynthia, un'elegante signora bionda già Miss Canada e oggi pittrice e manager, entra Paul Rodgers, 59 anni il prossimo 17 dicembre e non sentirli, a giudicare dall'aspetto giovanile e da una voce miracolosamente intatta.

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Se esiste qualcosa di simile a una rockstar modesta, questo è Paul. Vestito in jeans e camicia bianca, i modi cortesi e rilassati, dice subito "mica male questo posto, no?". Aggiungendo sottovoce, quasi a scusarci di tanto lusso: "non è casa mia, io abito in un cottage non lontano da qui".

La prima cosa che colpisce di Rodgers, insieme ai modi informali, sono gli incredibili occhi verdi-grigio. L'unica debolezza, o concessione alla vanità, sono gli improbabili capelli medio lunghi che terminano in una sorta di coda da scoiattolo. Ma entriamo nel vivo.

C'è notevole attesa per il misterioso nuovo album che si intitolerà quasi sicuramente 'The cosmos rocks' giusto?

"E' molto probabile", risponde Paul. "Per pura coincidenza nell'album compaiono diversi riferimenti alle stelle e al cosmo, emersi comunque in modo molto naturale, quasi per caso. Aggiungi il recente dottorato di Brian May in astrofisica, e tutto torna. Una canzone come la mia 'Time to shine' è una sorta di flusso di coscienza notturno, spirituale, meditativo. Ho buttato giù i versi quasi in stato di sonnambulismo; la mattina dopo, quando mi sono messo al piano, me li sono ritrovati davanti, e ho cominciato a lavorarci su. Ho raccontato a Brian quello che mi era successo, poi lui è tornato a casa, gli è venuta in mente una frase come 'We Believe' e l'idea di stendere in maniera quasi inconscia un elenco di cose in cui crede".
 
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Altri due titoli noti e ormai famosi ai fans grazie a youtube sono 'Say It's not true', una ballata melodrammatica composta per la fondazione 46664 di Nelson Mandela e la sua lotta per prevenire l'AIDS e 'C-lebrity', un pezzo di Roger Taylor dove il meglio dei due mondi, l'energia rockblues dei Free e l'imprevedibilità barocca dei Queen, produce una satira del mondo delle apparenze contemporaneo.

"C- lebrity ricorda un po' il vecchio adagio di Andy Warhol, per cui ognuno sarebbe diventato famoso per 15 minuti", commenta Paul. "La differenza è che oggi il tempo si è ridotto a 15 secondi. Una volta le case discografiche alimentavano i musicisti, li costruivano pezzo per pezzo. Prendi Ertegun dell'Atlantic: rappresentava il lato creativo dell'industria, per lui contava il lungo termine, non il dollaro facile".


Altri probabili titoli dell'album sono 'Take Love', un rock energico in stile Bad Company, 'War Boy (A prayer for peace)', già nel recente, fortunato, Paul Rodgers Live in Glasgow, e magari la cover di 'Runaway' di Del Shannon...

"Mio Dio! Non puoi tenere segreto proprio niente! Adoro Del Shannon, ma credo che Runaway sarà magari un pezzo bonus. Quanto a Warboys, è iniziato come un folk blues acustico, una canzone di protesta per tutti i bambini costretti a fare il soldato. Poi l'abbiamo sottoposta al 'trattamento Queen' cioè ad una produzione stratificata e ricca di armonie, arrivando a un livello completamente diverso, che rispecchia entrambi gli universi sonori".
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Ma come è nata questa collaborazione? E come funziona?

"Bè, nel 2004 io avevo in programma un'esibizione dal vivo in Inghilterra per i 50 anni della Fender Stratocaster, e mentre ne parlavo al telefono con Brian lui mi disse: -Suoniamo anche noi, che ne dici se ti facciamo da gruppo spalla? (Fender o Hall of fame? NDR)- e questa mi parve subito una proposta fantastica. Avevo già lavorato con Brian nel mio album 'Muddy Water Blues - A Tribute to Muddy Waters, nel 1993, ma questa occasione si rivelò davvero eccitante, e fu l'inizio di tutto. Che fosse qualcosa di speciale fu evidente sin dalle prove: la sala, inizialmente vuota, si riempì presto di persone che cercavano di capire cosa stesse accadendo: nell'aria c'era elettricità. Quando Brian mi chiamò dopo lo show, mi chiese 'che ne pensi di fare qualche data in Europa come Queen + Paul Rodgers? Solo per qualche mese... '. Al termine di quello che si è rivelato un tour lungo due anni, è stato logico entrare in studio per tentare di capire se fosse possibile incidere insieme nuovo materiale: una nuova sfida. Ed è proprio quanto stiamo facendo ora. Il progetto Queen + Paul Rodgers sostanzialmente è l'unione di due forze che convergono. Lo spettro musicale è molto ampio: a volte la musica dei Queen può diventare molto 'terrena' e funky blues, a volte sono io a imparare dal suono Queen, specie in termine di produzione".


Il confronto con Freddie Mercury è inevitabile. Come si accosta Rodgers al materiale classico dei Queen e a un modo di cantare esattamente opposto al suo?

"A dire il vero, imparo in continuazione qualcosa di nuovo. Dopotutto nei Queen 'I'm the new boy in the band': sono l'ultimo arrivato, no? E' una sfida enorme, perchè si tratta di una musica molto diversa da quella a cui sono abituato, con pochi punti di contatto: pezzi rock a tutto tondo come 'We Will Rock You' e 'We Are The Champions' sono molto facili per me, ma se si passa a cose tipo 'The Show Must Go On', 'I Want to Break Free' o 'One Vision' diventa dura, perchè devo entrare dentro quelle canzoni e intepretarle a modo mio. E' l'unico modo, non posso fingere di essere Freddie, nel modo più assoluto, perchè Freddie è unico".
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