Recentemente il megazine 'Guitar Player' ha pubblicato sul proprio sito una lunga intervista rilasciata da Brian May. Come sempre il nostro chitarrista dimostra una grande disponibilità a rispondere a tutta una serie di domande e in breve il momento si trasforma in una conversazione a 360 gradi, nella quale Brian si dilunga sia su tematiche relative alla propria tecnica chitarristica, che su aneddoti riguardanti la sua carriera con i Queen. In particolare, ricorda la genesi di brani come 'Love Of My Life' nella sua versione acustica, 'It's Late', 'Killer Queen' ed altri ancora. Durante la descrizione della strumentazione che ha impiegato nel corso degli anni, coglie l'occasione per manifestare la profonda stima nei confronti di John Deacon. Si sofferma sul recente dvd 'Rock Montreal' e spiega il motivo per cui ha ripreso e concluso gli studi.

In definitiva, la trascrizione che segue rivela ancora una volta quanto Brian May, oltre ad essere il chitarrista di una delle più grandi rock band di sempre, sia soprattutto un uomo che dell'umiltà ha fatto il proprio tratto più saliente. Un uomo che 'Guitar Player' definisce 'rinascimentale', in virtù delle sue propensioni sia come musicista che come stimato studioso di astrofisica.

Ancora una volta QueenHeaven vi offre contenuti recentissimi e ricchi di riferimenti e spunti interessanti sulla vita e la musica di Brian e dei Queen. Buona lettura.

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Il Dvd "Queen Rock Montreal" è; una performance live semplicemente devastante. Si può affermare che questo show rappresenta lo spettacolo tipico dei Queen, quello che voi ragazzi portavate in giro all'epoca?


BM: Ebbene si, penso si possa dire che questo show rappresenta ciò che facevamo all'epoca sul palco, anche se in definitiva si tratta di una performance un po' inusuale perchè in quel momento non eravamo in tour. Quando sei ancora nel mezzo di un tour tutti i meccanismi sono perfettamente oliati. 

Ti senti parte di una macchina che funziona talmente alla perfezione da darti la sensazione che puoi fare tutto ciò che desideri. Qui, invece, siamo in presenza di due concerti messi insieme per realizzare delle riprese per un vero e proprio film e a quel punto eravamo ormai alla fine del tour e qualche ingranaggio è risultato un po' ingarbugliato, tuttavia direi che è molto interessante guardare una performance del genere.

Esattamente quali problemi avete avuto durante lo show?

BM: In quelle due serate suonammo per la prima volta 'Under Pressure' e quando suoni un brano completamente nuovo c'è sempre qualche problema. Ovviamente avevamo provato prima di esibirci, ma ciò non toglie che poi sul palco è tutta un'altra storia. Infatti durante il brano si percepisce una certa tensione da parte di tutti noi, ma è una buona cosa comunque. In un certo senso è sempre positivo vedere una cosa del genere, si tratta di un'esperienza unica. Ma, ovviamente, se ascolti lo stesso brano suonano nei concerti degli anni successivi ti accorgi che la confidenza con le note è senz'altro maggiore.

Per quelle due date a Montreal avete sostenuto parecchie prove per prepararvi?
BM: (Ride) Se ci penso mi viene da ridere perchè le nostre prove sono sempre state un momento di grande caos. L'idea di partenza era sempre quella di suonare il più possibile, ma poi finivamo più per parlare tra noi che non per suonare! Magari perdevamo del tempo a bere caffè o qualche cocktail...quindi penso che in tutto per Montreal avremo fatto non più di due giorni di prove effettive.


All'inizio di 'Under Pressure' la tua chitarra ha un suono davvero molto particolare: come sei riuscito ad ottenerlo?
BM: Gioco un po' sul regolatore del volume della mia chitarra. Come è noto uso degli amplificatori AC30 e la loro caratteristica principale è il suono molto pulito che riescono ad offrire. E tra un suono pulito ed uno distorto il passaggio è molto repentino. Così per creare quel suono cristallino all'inizio del brano devo solo modificare appena il volume. Ma molto dipende anche dai pickup che uso. Lo stesso settaggio l'ho utilizzato per suonare 'We Are The Champions'.


Per l'assolo di 'Play The Game' invece ricordi che tipo di accorgimenti hai usato?

BM: Francamente non ne ho la più pallida idea. Ma se ci penso, forse ho usato semplicemente un mio vecchio pedale della 'Foxx'. In generale però posso dire che non uso mai molti effetti perché prediligo di gran lunga controllare io il suono dello strumento.

 

Durante 'Love Of My Life', invece, utilizzi una chitarra acustica a 12 corde prodotta dalla 'Ovation': si nota che la suoni con le dita, senza utilizzare il plettro o la tua solita monetina.
BM: Si è vero. Rispetto ad una normale acustica a 6 corde, la Ovation richiede una tecnica molto differente e la prima volta che ho provato a suonarla in modo tradizionale fu un disastro. Ciò che volevo ottenere dallo strumento è che le note più alte fossero in primo piano nella melodia che dovevo eseguire. Ottenere questo risultato con una 6 corde non era possibile, così sono passato alla Ovation: ho dovuto riarrangiare il pezzo perchè non era possibile replicare fedelmente il piano suonato da Freddie nella versione originale, specialmente quando usa delle note molto basse. Credo che alla fine l'arrangiamento acustico sia nato in un'ora di lavoro passata assieme. Poi, nel corso delle varie performance ho migliorato sempre di più l'esecuzione. Ma devo anche dire che, dopo un certo numero di volte, tendo a modificare il modo di suonare le stesse cose.

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Facciamo un salto indietro nel tempo: l'intro di 'Keep Yourself Alive' nella versione in studio non sembra un effetto creato ad arte.
BM: Sai all'epoca gli effetti erano ancora agli inizi e non erano in molti a conoscerli ed usarli. In quell'occasione il suono particolare dell'inizio del brano riuscì ad ottenerlo Mike Stone (ingegnere del suono dei primi anni, n.d.r.) impiegando una serie di vecchie macchine e dei registratori messi tutti attorno al perimetro della sala di incisione.


Nel concerto di Montreal invece quali effetti hai utilizzato?
BM: Sul palco mi limito sempre ad impiegare il 'chorus' e per Montreal ricordo di aver scelto un effetto chorus della 'Eventide'. Ne ho impiegati due per la precisione, l'uno separatamente dall'altro. Il segnale della 'Red Special' viaggia su tre vie differenti, ognuna delle quali è incanalata da un amplificatore specifico e, successivamente, confluisce nella macchina che genera l'effetto chorus. Alla fine si ottiene un suono molto pulito, senza che vi siano interferenze tra i vari segnali, nemmeno quando il livello è molto alto e il rischio di distorsione è maggiore.


Tornando ai tuoi lavori in studio, l'assolo di 'Crazy Little Thing Called Love' l'hai realizzato usando una Telecaster giusto?
BM: Penso di si. Si trattava di una vecchissima 'Broadcaster', uno strumento ancora più antico delle Telecaster prodotta dalla Fender. Però non era mia ma di Roger. Durante il tour con Paul Rodgers, invece, l'assolo lo eseguo con la mia chitarra.

Molta gente si stupisce di come il tuo sound sia unico e riconoscibile fin dal primo ascolto, un tratto davvero caratteristico della tua musica. Quanto tutto questo dipende dalle tue dita, dal tuo modo di suonare la chitarra?
BM: Domanda davvero interessante! Credo che per molti musicisti valga il principio secondo cui il suono del proprio strumento è letteralmente racchiuso nelle dita. Ad esempio, in questo senso sono rimasto sconcerto quando ho avuto occasione di suonare con Hank Marvin, perchè fino a quel momento ero convinto che il suo sound così tipico dipendesse dalla sua chitarra. Tuttavia, non appena lui ha imbracciato la mia chitarra, ecco che il sound era esattamente il suo! Quindi, alla fine penso che tutto dipenda più dall'anima e dalla sensibilità di ognuno, che non dal tipo di strumento che si utilizza.

In una tua intervista del 1983 hai dichiarato che, comunque, non sei a tuo agio quando non puoi suonare il tuo strumento preferito e che questo vale anche per molti altri musicisti
BM: Anche questo è vero. Mi sono molto più a mio agio con la 'Red Special'. Non voglio dire che suonare un'altra chitarra mi deruba della mia identità, tuttavia è vero che con la mia chitarra mi sento più ispirato.

 

Parliamo delle origini dei Queen: quali impressioni hai avuto quando hai conosciuto gli altri membri della band?
BM: Roger rispose ad un annuncio che avevo messo in bacheca: eravamo alla ricerca di un batterista che avesse uno stile alla Ginger Backer (storico batterista dei Cream di Eric Clapton, n.d.r.). Quando si presentò all'audizione, invece di mettersi subito a suonare, si preoccupò di accordare la sua batteria e questa fu una cosa che mi impressionò molto perchè non l'avevo mai visto fare a nessun altro batterista. Poi, quando iniziò a suonare capì subito di non aver mai sentito nulla del genere. Riusciva a far parlare la batteria, non ci pestava su e basta. Così iniziammo a suonare assieme e da quel momento si può dire che sia iniziava una vera e propria relazione, un'amicizia. Ovviamente non è stato facile perchè quando instauri con qualcuno un rapporto paragonabile a quello che c'è tra fratelli, possono esserci momento duri perchè i fratelli litigano anche oltre a volersi bene. Comunque, all'epoca suonavamo negli Smile e Freddie era un nostro conoscente. Stava spesso con noi e ci dava continui suggerimenti, dicendoci che non dovevamo limitarci a suonare: dovevamo creare un vero e proprio show o anche di più. Poi, quando gli Smile giunsero al capolinea, Freddie si propose come cantante. Ad essere onesto, né io né Roger sapevamo se lui sapesse cantare o meno. Lo conoscevamo come un tipo eccentrico, un ottimo parlatore, dotato di una personalità fiammeggiante. Poi iniziammo a provare vari bassisti e la scelta finale ricadde su John. Lui faceva cose davvero meravigliose. Ho suonato con alcuni tra i più grandi bassisti, ma nessuno ha lo stesso 'tocco lirico' di John. Penso che sia un musicista davvero sottovalutato.

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C'è un giro di basso suonato da John che preferisci in assoluto?

BM: Adoro quello che suona su 'Millionaire Waltz'!

Nei Queen eravate 4 compositori. Come vi comportavate quando un pezzi scritto da uno di voi doveva poi essere completato dagli altri?

BM: Ognuno di noi aveva le sue buone idee da proporre. John non cantava, quindi le linee vocali per un suo brano le discuteva con Freddie, ma comunque anche John aveva le idee molto chiare su ciò che desiderava per una sua canzone. Così, ad esempio, quando scrisse 'You're My Best Friend', il brano era talmente ben strutturato che si dedicò anche a suonarvi le tastiere.

Quindi John Deacon ti guidava anche rispetto alle parti di chitarra che dovevi inserire nei suoi brani?

BM: Oh si (ride), ci provava. Ci provavamo tutti a dire agli altri cosa fare e come farlo, ma di base c'era sempre un ragionamento comune. Una situazione davvero positiva quando devi lavorare assieme ad altre persone e tirare fuori il meglio possibile.

Quando Freddie compose 'We Are The Champions' quanto ci avete messo a registrare la versione definitiva del pezzo?

BM: Per arrangiamento si possono intendere due cose: o ciò che avviene dopo la creazione di una canzone, oppure ciò che si verifica in parallelo con essa. In questo senso credo che Freddie avesse in mente la melodia già da tempo e, con i suoi accordi al piano, la canzone era praticamente già scritta. Di solito lui metteva giù il primo abbozzo di una canzone stando al piano e suonandolo dal vivo in studio con Roger e John. Poi, appena si sentiva soddisfatto del risultato, più o meno dopo 3 o 4 tentativi, quella era la traccia che potevamo seguire per incidere la versione finale. È questo è quanto avvenne per 'We Are The Champions'. A questo punto subentravo io, lavorando attorno al brano e concentrandomi su ciò che dovevo fare. Nel caso di 'We Are The Champions' ricordo che suonai le parti di chitarra immediatamente dopo le sessions di registrazione effettuate da Freddie, Roger e John. Quella fase la ricordo bene perchè la parte solista e quella corale sono molto differenti tra loro e, quindi, richiesero da parte mia un lavoro dedicato: da una parte, infatti, c'è la sezione corale che è molto heavy, mentre il resto è più calmo. Ricordo che ascoltai la versione finale in auto e mi dissi che la chitarra non suonava affatto come avrei voluto. Così tornai in studio, dissi agli altri che dovevo lavorarci ancora su e dopo un paio di settimane fui finalmente soddisfatto.

Eravate consapevoli di aver inciso un brano destinato a diventare un enorme successo?

BM: Inizialmente eravamo consapevoli che 'We Are The Champions' fosse qualcosa di davvero grande. Guardavamo Freddie per fargli notare questa cosa e lui rispondeva "Davvero?". Ma anche lui aveva le idee chiare su questa cosa. Si trattava di un brano diretto a un pubblico che volesse sentirsi forte e ottimista. E Freddie sapeva che alla gente sarebbe piaciuto cantarla. 'We Will Rock You' aveva di base una filosofia molto simile. 'News Of The World' fu il primo album che abbiamo inciso tenendo ben a mente la partecipazione del pubblico. Fino a quel momento avevamo fatto solo dei tentativi in tal senso, nulla di più. Così il 1977 fu un anno di grande transizione per noi perché comprendemmo che il pubblico era parte integrante dello show. Quindi decidemmo di incoraggiare la gente a partecipare attraverso la scrittura di questi due brani.

Un fenomeno, quello della partecipazione attiva del vostro pubblico, che si ripeteva anche con 'Somebody To Love' e 'Love Of My Life'.

BM: No, al principio non succedeva, specialmente in America. Il fenomeno della gente che cantava le nostre canzoni iniziò in Europa, dopo che eravamo sbarcati anche negli States. Sulla questione devo comunque essere onesto e devo dire che preferisco quando il pubblico non canta. Mi piace di più quando la gente si sofferma ad ascoltare tutte le sfumature e, in generale, il modo in cui suoniamo. Invece quando il pubblico cantava a squarciagola mi sentivo irritato, quasi che vi fosse una sorta di intromissione nella linea vocale di Freddie. Ovviamente oggi, a ben vedere, li considero dei momenti divertenti.

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Oggi invece, nel tour con Paul Rodgers, hai la tendenza a far cantare molto di più il pubblico, anche su 'Love Of My Life'.

BM: Si, è incredibile. 'Love Of My Life' è il momento il cui il mondo sembra fermarsi. Lo ricordo soprattutto quando la suonavamo in Sud America. Non si tratta di un brano che fu scritto con l'intenzione di farlo diventare un singolo, faceva parte del disco, semplicemente. Così, quando io e Freddie la suonammo in uno stadio da calcio, la gente la cantò in inglese, non nella loro lingua. Nel Dvd di Montreal si nota l'esatto opposto: eravamo stati da poco in Sud America e per noi era ancora vivo il ricordo di un pubblico che cantava la canzone praticamente al posto di Freddie! A Montreal c'era qualcuno che la conosceva e la cantava, ma non fu la stessa cosa. Infatti credo che per un istante Freddie restò disorientato, quasi a dire "Dobbiamo suonarla davvero?" infatti nel video si vede chiaramente uno scambio di sguardi tra noi due. Non ricordo esattamente cosa ci dicemmo, ma doveva essere una cosa del tipo "Ok, ce la possiamo fare".

Cambiamo canzone: quale versione di 'We Will Rock You' è quella iniziale? La 'fast version' o quella tipica mani e piedi?

BM: All'inizio l'idea era solo quella 'mani e piedi". Volevo realizzare qualcosa che la gente potesse suonare in ogni tipo di situazione. Sull'assolo invece ci ragionai di più, perché volevo fare qualcosa di nuovo. Così, invece di metterci il solito assolo nel mezzo, scelsi di inciderlo alla fine del pezzo, quando ormai pensi che la canzone finita. Il risultato credo che sia un brano poco convenzionale, cioè esattamente quello che volevo realizzare.

Un altro pezzo molto particolare del repertorio dei Queen è l'intro di Ogre Battle, con registrazioni inverse.

BM: E' vero, quello fu un piccolo miracolo all'epoca. Il suono venne creato in studio dopo che Roger aveva suonato il gong. Il nastro fu registrato al contrario e venne fuori quell'effetto così particolare. Il riff di chitarra poi è un palindromo, nel senso che puoi sentirlo sia in un verso che al contrario ma suona sempre allo stesso modo. Fu una combinazione che ci piacque subito, così decidemmo che tutta l'introduzione del brano doveva essere incisa al contrario.

Un risultato che potremmo considerare quasi 'disturbato' o 'spaventoso'.

BM: Infatti per noi faceva paura!

Su un brano particolare come 'Lazing On Sunday Afternoon' invece come hai lavorato?

BM: Anzitutto ho ascoltato un po' di materiale dello stesso genere, che poi ho tentato di emulare sulla canzone. Ci ho lavorato un po' su, inizialmente provando a non seguire la linea del piano e il tutto si rivelò abbastanza facile, anche perché le idee chiare su ciò che intendevo fare.

Un'altra parte orchestrale molto complessa è quella contenuta in 'All Dead, All Dead'. Quante tracce hai dovuto incidere per dare quella resa finale alla tua chitarra?

BM: Oh parecchie. Probabilmente 16 tracce. Utilizzai sia i soliti AC30, ma anche un amplificatore costruito da John Deacon.

E questo amplificatore costruito da John l'hai utilizzato spesso?

BM: Oh Dio, il Deacy (nomignolo attribuito all'apparecchio creato da John, n.d.r.) l'ho usato troppe volte per menzionarle tutte! Su 'God Save The Queen', nelle parti armoniche di 'Fairy Feller Master-Stroke' e anche in 'Killer Queen' nell'assolo che precede la parte chitarristica principale. Il Deacy fa suonare la chitarra molto simile ad un 'ottone' o a uno strumento a corde; con gli AC30 invece il suono è semplicemente quello di una chitarra.

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Sei stato anche un precursore nell'uso del tapping (tecnica con la quale si ottiene il suono "picchettando le corde lungo il manico della chitarra, n.d.r.). Lo hai sperimentato già nel 1977 con l'assolo di 'It's Late'. Come ci sei riuscito?

BM: Eddie Van Halen mi ha fatto la stessa domanda. Era veramente curioso di scoprire come ci fossi arrivato. L'idea mi è venuta in mente un giorno in un bar del Texas e c'era un ragazzo, non ricordo il suo nome, che durante un assolo inizio a fare proprio quello che oggi è conosciuto come tapping. Pensai subito che era una cosa grandiosa perché di fatto estende le possibilità sonore della chitarra. Così, finito lo spettacolo, l'ho raggiunto per dirgli le mie impressioni e il ragazzo mi ha risposto che non aveva inventato nulla: l'aveva visto fare a Billy Gibbons. Tuttavia di Gibbons ho sentito davvero parecchie cose e francamente non l'ho mai visto fare il tapping!

In effetti credo che lo faccia su un brano intitolato 'Beer Drinkers and Hell Raiders'.

BM: Ok, mistero svelato! Comunque, una volta tornato a casa ho iniziato a sperimentare questa tecnica. Poi, quando è venuto il momento di incidere l'assolo per 'It's Late' mi è sembrato il momento giusto per incidere questa cosa. Solo che poi i veri maestri nell'uso del tapping sono altri, tra cui lo stesso Eddie Van Halen.

Dopo tutti questi anni, quali sono i lavori che preferisci in assoluto?

BM: Mi piace l'assolo di 'Killer Queen', ne vado davvero fiero. Lo considero un sogno realizzato perché volevo creare qualcosa che suonasse come tre voci messe assieme e il risultato è perfetto. Qundi mi piace l'assolo, i suono e il brano in generale. Si tratta di una canzone pop perfetta. È una canzone molto piena di suoni e il fatto che sia tutto così chiaro è straordinario ed è la rappresentazione della 'grande visione' che Freddie aveva della musica. Una delle ultime cose che ho inciso col nome dei vecchi Queen è 'A Winter's Tale'. Su questa caso mi sono preso parecchio tempo per riflettere: avevamo perso Freddie durante le registrazioni e di conseguenza non sapevo esattamente cosa lui desiderasse per quella canzone. Così, preso ancora una volta il vecchio Deacy, ho lavorato duramente sulla canzone. Volevo che il sound della chitarra fosse letteralmente paradisiaco. E credo di essere riuscito nell'intento. Mi piace molto anche 'Bijou': ci ho lavorato a stretto contatto con Freddie. Lui aveva un po' di idee sull'assolo e io altrettante sulla linea vocale da adottare. È una canzone sulla quale c'è stato una sorta di scambio di ruoli. Di solito poi le canzoni hanno un assolo nel mezzo, mentre nel caso di 'Bijou' si tratta di un brano chitarristico/strumentale con un assolo vocale nel mezzo.

Una melodia, quella che hai suonato su 'Bijou' che mostra tutta l'influenza che Jeff Beck ha avuto sulla tua musica.

BM: Oh si, Jeff è un mio idolo.

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Quando la gente parla del tuo modo di suonare, sottolinea in particolare il tuo stile unico, diverso da qualunque altro. Cosa puoi dire in proposito?

BM: Lasciamo pensare...beh, suppongo che derivi dalla mia filosofia di chitarrista, secondo cui tutti gli elementi che compongono una melodia devono essere interconnessi tra loro. Non è una questione di tecnica. Il segreto sta nel feeling che riesco a creare con le corde, si genera una sorta di tensione fisica tra me e lo strumento. Se riesci a creare una connessione tra le tue dita e la tua anima, stai certo che non devi preoccuparti di nient'altro. È questo quello che faccio tutte le volte che suono: creo un contatto tra le dita e l'anima

Qual è la cosa che ti ha emozionato di più: suonare a Wembley o conseguire la laurea?

BM: Sono due emozioni totalmente differenti. Laurearmi è stata una cosa importante per me perché in passato raggiungere questo obbiettivo è stato quasi un'ombra che mi ha accompagnato per anni. Tuttavia non c'è davvero nulla di paragonabile alla sensazione che può darti suonare una chitarra sul palco. Se fossi obbligato a fare una scelta, non rinuncerei mai allo stare su un palco a suonare con altri grandi musicisti.

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