Pescara - 14.07.2013

Prima che il sipario si alzi.

Raccontare un concerto non è mai facile. Si ha sempre paura di far prevalere il proprio punto di vista rispetto al reale svolgimento dell'evento. Spesso i giornalisti, quelli bravi almeno, dicono che per scrivere una buona recensione occorre accantonare l'aspetto emozionale e limitarsi a descrivere i fatti. Evidentemente chi la pensa così non ha mai avuto a che fare con i Queen e la loro musica. O con Brian May ovviamente.

Durante il concerto è lo stesso Brian a spiegare che “Questo è uno show fatto in modo molto semplice, nato dal cuore” e, per tutti i presenti, è questa la definizione che meglio descrive lo spettacolo: due ore emozionanti, durante le quali il pubblico è stato letteralmente ipnotizzato dalla semplicità e dall'eleganza di Brian May, ma anche dalla raffinatezza di Kerry Ellis.

Pescara ci ha accolti fin dalle prime ore della giornata con una fitta coltre di nuvole, tanto che in molti hanno temuto che il concerto alla fine sarebbe stato spostato per evitare problemi con la pioggia. I siti dedicati alle previsioni meteo sono diventati i nostri alleati e tra uno sguardo rivolto al cielo e un altro all'orologio le varie comitive di fans si sono formate tra abbracci, sorrisi, strette di mano. In molti si vedevano per la prima volta dopo aver condiviso mesi e anni di conversazioni solo virtuali. Ritrovarsi di persona fa uno strano effetto, eppure è come se ci si conoscesse da sempre.

Ognuno indossa una tshirt dedicata ai Queen, un bracciale, tutti simboli che servono a rivendicare una passione immensa e che unisce anche chi stenta a riconoscere molte delle persone con cui è in contatto sui social network.

A pomeriggio ormai inoltrato, quando la maggior parte dei fans affollano i due ingressi al Teatro d'Annunzio, un gruppo di amici tenta la sorte e si addentra in un parco adiacente e che consente di raggiungere il retro del palco, in corrispondenza dell'ambito “ingresso artisti”. La speranza è che Brian possa passare di lì e quindi regalare un saluto e una foto, seppur attraverso la rete divisoria.

L'attesa ha per sottofondo il soundcheck, con le note di Crazy Little Thing Called Love e Last Horizon che si spandono nell'aria e hanno il potere di dissipare le nuvole, tanto che alla fine il concerto sarà salutato da un cielo terso e luminoso.

Restiamo tra le sterpaglie, e qualcuno teme anche tra le vipere, per una buona mezz'ora e alla fine riusciamo a strappare un corale “Hi” a Kerry Ellis, stupita e divertita per l'inaspettata presenza. Accanto all'ingresso staziona un addetto alla sicurezza del Teatro. Qualcuno tenta di strappargli delle informazioni su Brian, ma è tutto inutile e alla fine non ci resta che unirci al resto del pubblico, ormai in trepidante attesa per l'apertura dei cancelli. C'è solo il tempo per consumare una frugale cena a base di pizza e panini, ma i sapori sono tutti confusi dall'impazienza che ormai ci rende elettrici. Ci scambiamo sguardi carichi di aspettative e di incredulità per quello che stiamo per vivere assieme. Chi l'avrebbe mai detto? Eppure sta succedendo per davvero.

L'accesso al Teatro dura pochissimo. La fila è ordinata e scorre veloce, anche se serpeggia il timore che possano mandare indietro chi si è munito di macchine fotografiche. Ma alla fine tutti passano senza problemi dopo aver rinunciato ai tappi delle bottiglie, piccolo tributo alle regole che ci fa sorridere: a Brian siamo pronti a lanciare solo baci e urla di gioia, non certo tappi di plastica!

Un breve viale alberato e drappeggiato con tappeti rossi ci porta vicino al Teatro vero e proprio. Sono le 20:30 ormai e c'è comunque il tempo di affollare l'angolo shopping dove una ragazza inglese, ipotizzo sia la sorella di Kerry, è addetta alla vendita dei tipici gadget da concerto. Faccio mia la copia in cd di Acoustic By Candlelight e finalmente entriamo. Da quel momento tutto cambia e nulla sarà più come prima.

Le gradinate disegnano un anfiteatro di piccole dimensioni e proprio per questo più suggestivo rispetto ad un'arena da migliaia di posti. È immerso nel verde e anche questo contribuisce a rendere l'atmosfera davvero particolare, come se all'improvviso la natura si sia ritirata per lasciare il posto alla musica che sta per iniziare.

Io ho un posto in prima fila e mi stupisce rendermi conto che sarò a dieci passi dal palco. Incontro sguardi e volti, saluto e abbraccio, faccio foto e intanto scruto il palco. Sullo sfondo campeggia un impianto luci che riproduce un cielo stellato, con al centro uno schermo che per ora resta celato da un telo. A destra ammiro Pete Melandrone che sistema le chitarre di Brian. Tra una selva di acustiche fa la sua comparsa anche la leggendaria Red Special, che Pete maneggia con particolare riguardo. Non è la prima volta che assisto alle fasi preparatorie di un concerto. Già nel 2008 era successo con i Queen+Paul Rodgers, eppure l'emozione sale e ci si sente sulla vetta di montagna. L'aria sa di buono e il sottofondo di voci concitate e allegre inizia a creare un clima di condivisione che sarà poi uno degli aspetti più importanti e belli dell'intera serata.

 
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Attorno alle 21:30 le luci si spengono. Il Teatro è ormai pieno e i ritardatari saranno davvero pochi. Sul palco sono state accese le candele e lo schermo ormai scoperto introduce il concerto con il video della Badger Song, che serve soprattutto a far capire al pubblico che lo spettacolo sta iniziando. Segue poi l'introduzione del Pescara Jazz Festival: “Signore e signori ecco a voi Brian May e Kerry Ellis”. Fanno il loro ingresso accolti da un fragoroso applauso che si solleva e ci spinge verso il palco anche se siamo tutti a sedere. I flash illuminano la scena: Kerry indossa un lungo abito nero, Brian pantaloni scuri e camicia verde. Poterlo ammirare da così vicino è un tuffo al cuore e la prima cosa cui penso è “Ok, ne è valsa la pena”.

Il concerto si apre con Born Free ed è strano ammirare Brian che suona una chitarra acustica, seduto su uno sgabello, invece che correre per il palco tra i suoni e le luci tipiche di uno show dei Queen. Ed è proprio questa diversità a rendere lo show fin dai primi istanti qualcosa di realmente particolare, che ti tocca dentro. Il pubblico applaude, Brian e Kerry rispondono e la vicinanza è tale da far sentire tutti come parte integrante dello spettacolo. Siamo noi la coreografia e l'impianto degli effetti speciali.

La scaletta alterna cover a canzoni dei Queen. Mi restano nel cuore alcuni brani che dal vivo, in questa veste acustica, assumono connotati nuovi ed emozionanti. Dust in the Wind dei Kansas si rivela straordinaria: Kerry canta in modo sublime e Brian regala un assolo alla chitarra acustica magico, che mi ricorda certe atmosfere tipiche di David Gilmour dei Pink Floyd. Racconta Brian, come farà sempre tra un pezzo e l'altro, di aver scelto il pezzo dei Kansas perché suoi grandi amici fin dai tempi dei primi tour negli States dei Queen. Allo stesso modo spiega di aver scelto Something dei Beatles perchè sono da sempre il suo gruppo preferito. Le sue parole disegnano una sorta di percorso della memoria, dal quale emerge lo spirito del tour: raccontare in musica le sue passioni, il percorso formativo che sta dietro una carriera immensa. Seguendo questo filo logico trovano spazio anche canzoni di Elvis e Barbra Straisand e alcune delle cose cantate da Kerry durante le sue esperienze nei musical. Tutto è fatto in modo semplice. Non ci sono accordi complicati né virtuosismi tipici di chi vuole dimostrare al mondo ciò che sa fare. Come dice lo stesso Brian “Questo è un concerto che nasce direttamente dal nostro cuore”. E l'aspetto emozionale lo si può leggere canzone dopo canzone sia negli applausi del pubblico, sia nei volti dei due artisti. Brian sembra stupirsi tutte le volte dell'entusiasmo che gli viene tributato. Dà quasi l'idea di non capacitarsi di così tanto affetto. Kerry dal canto suo regala sorrisi e soprattutto una risata argentina, coinvolgente. Forse tradisce la paura di non essere accettata dai fans dei Queen. Ma io credo che sia semplicemente felice di avere di fronte un entusiasmo così genuino.

Un momento particolare è rappresentato dall'arrivo sul palco di un'ospite annunciato: la figlia di Zucchero, Irene Fornaciari. L'amicizia che lega Brian al nostro Sugar è ormai cosa nota (“Zucchero è mio fratello, dice Brian prima di iniziare a suonare”) e la presenza di Irene è la naturale prosecuzione della collaborazione che abbiamo potuto ammirare a Sanremo. Eseguono proprio il brano I Who Have Nothing, che non è una scelta dettata dalle circostanze. È stata infatti eseguita per tutto il tour, segno che il pezzo originariamente composto, tra gli altri, anche da Mogol ha fatto breccia nella sensibilità artistica di Brian e Kerry. Sempre con Irene eseguono anche un'altra bella scelta italiana, Così Celeste di papà Zucchero, cantata sia in italiano che in inglese. Il risultato è stupefacente: le due voci femminili si somigliano molto, sono limpide e potenti e il brano funziona davvero bene anche in versione acustica. Un po' di gloria per la musica nostrana non guasta davvero.

Ovviamente i momenti più emozionanti sono dettati dalle canzoni dei Queen. La prima ad essere eseguita è una sorprendente Somebody To Love che come sempre ha il potere di coinvolgere e travolgere il pubblico, che non lesina di rispondere strofa dopo strofa a una Kerry sempre più convincente.'39 in parte cantata dallo stesso Brian è quel brano che ti fa sentire improvvisamente catapultato in un concerto dei Queen, essendo già un pezzo acustico per sua natura.

È arrivato un momento poi in cui all'improvviso è successo qualcosa che ha per certi versi modificato la serata. Non è facile descriverlo, per cui lo dirò per come l'ho percepito, convinto comunque che sia stato lo stesso per molti altri. Le prime note di Life is Real hanno avuto il potere di far sentire la presenza di Freddie e la strofa in cui Kerry canta “Freddie is a genious” è liberatoria, una vera e propria catarsi del pubblico che non vedeva l'ora di urlare la frase al cielo. Sullo schermo intanto campeggia un bellissimo ritratto di Freddie anni '70, che lascia senza parole e che viene immortalato dalle fotocamere di tutti quanti.

Un piacevole e divertente intervallo tra i pezzi dei Queen è rappresentato da The Kissing Me Song. Confesso che quando è apparsa in rete non mi ha particolarmente entusiasmato, ma dal vivo funziona benissimo. E poi nel video realizzato con i baci dei fans compare anche un volto a me noto e questo rende il tutto davvero positivo, in una parola bello!

I Queen tornano poi a dominare la scaletta con un altro momento incredibile, Last Horizon. Anni fa, quando ho fatto il mio timido ingresso nella community di Queenheaven ho scelto come nick proprio questa canzone, ma in realtà è stata una decisione improvvisa, per nulla meditata, quasi illogica. Ma tutte le volte che l'ascolto capisco che c'è stato qualcosa di profondo in me che mi ha guidato nella scelta. A Pescara ho avuto l'ennesima conferma. Last Horizon è un pezzo straordinario in ogni singola nota e Brian ci ha regalato un lungo assolo (oltre 8 minuti) imbracciando la Red Special (credo proprio quella originale e non una delle tante repliche di cui spesso si serve) che ha trasportato il pubblico letteralmente verso quelle stelle da lui tanto amate e che nel video proiettato alle sue spalle hanno sottolineato il brano.

A chi pensa che un concerto acustico sia alla lunga noioso consiglio di ascoltare la versione di Tie Your Mother Down eseguita verso la fine del concerto. È stata talmente particolare che all'inizio quasi non l'ho riconoscita! Davvero divertente, ti fa saltare dalla sedia e anche per un brano decisamente rock come questo Kerry si dimostra all'altezza della situazione. La vena rock è proseguita poi con l'immancabile We Will Rock You che ha sempre il potere di portare in scena i Queen pur essendoci sul palco il solo Brian.

 
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Ammetto di essermi accostato al progetto con Kerry Ellis pieno di timori, in parte dettati dall'amore per i Queen (che in un certo senso esclude tutto il resto), in parte perché non tutte le cose fatte con lei mi hanno entusiasmato. In più temevo che il concerto potesse trasformarsi in una sorta di crociata pro animali, un tema nobilissimo ma che essendo soprattutto made in UK qui da noi rischiava di soffocare la musica.

Posso dire che ogni dubbio è stato smentito. Al centro dello spettacolo c'è la musica e sebbene i brani siano eseguiti “per sottrazione” dal punto di vista degli arrangiamenti, la scelta della setlist è stata talmente indovinata da aver costituito uno splendido percorso musicale e della memoria, visto che molti brani appartengono al passato del Doc dal punto di vista delle sue passioni e amicizie.

Il tema degli animali c'è ovviamente ma non è ostentato, Brian non fa il predicatore e anzi lascia che siano le immagini a parlare dell'argomento. Davvero divertente poi l'interazione con il pubblico, una caratteristica che i sontuosi concerti rock non riescono quasi mai a dare (a meno che sul palco non ci sia un certo Freddie Mercury, of course!).

A tutto questo aggiungo la mia fortuna personale, ovvero quella di aver condiviso questa esperienza con persone conosciute finora solo in rete ma che da domenica posso definire Amici (e la A maiuscola non è casuale) reali, concreti, sinceri. Basta questo per dire: Brian, Kerry.....missione compiuta!

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Milano 17.07.2013

Premessa doverosa, anche in questo caso, è una. Il progetto May&Ellis non mi ha mai coinvolto particolarmente, e questo non per essere prevenuto come spesso si giudica chi esprime un parere diverso da quello della massa, ma semplicemente perchè troppo lontano dal mio gusto musicale, dalle mie preferenze e dai miei desideri su quello che il mio chitarrista preferito, a mio parere, dovrebbe fare.
Chi mi conosce sa che pur apprezzando tutte le attività musicali ed extramusicali di May, che seguiamo ampiamente su queste pagine, ciò che mi fa battere forte il cuore sono i Queen. Vorrei sempre vedere Brian suonare con i Queen, incidere con i Queen, impegnarsi con i Queen ma comprendo appieno che il mio desiderio è in realtà una visione egoistica della situazione, che non tiene conto della volontà di May di dedicare, ed è liberissimo di farlo, sia chiaro, il tempo che vuole alle iniziative e ai progetti che, evidentemente, per lui oggi come oggi sono più importanti, anche se ai miei occhi tutte queste attività tolgono attenzione ed energia ai progetti dei Queen (e spesso se ne vedono i risultati).
Quindi, in tutta sincerità, non posso dire di essere un fan sfegatato della collaborazione (del resto non esiste nessuna regola in base alla quale un fan dei Queen debba essere per forza un fan di un singolo membro della band) ma che comunque l’ho sempre seguito con interesse, senza tuttavia essere coinvolto emotivamente dallo stesso.
E ciò non è cambiato quando sono state annunciate le date italiane, di cui quasi mi dimentico, finché una mattina ricevo un sms dall’amico mercuriano Giorgio Mercury il quale cosi scriveva: “Io e Ila abbiamo il biglietto in prima fila, stiamo già dominando le platee e tu, gregario, preparati ad essere surclassato”.
Di fronte ad una simile minaccia e ritenuto anche che comunque chi suonava era sempre Brian May, ho deciso di acquistare il mio biglietto per Milano. Di sicuro ne sarebbe valsa la pena, indipendentemente dal fatto che lo show proposto non mi suscitava quell'entusiasmo che invece avevo provato, giusto dodici mesi prima, in occasione dei ritorno on stage dei Queen con Adam Lambert, all'Hammersmith Odeon a Londra.

 

Ma perché non provare...dopotutto solo gli stupidi non cambiano idea, mi dicevo, cercando quasi di auto convincermi che il tutto, dal vivo, mi sarebbe piaciuto, facendo di colpo svanire le perplessità di natura squisitamente artistica e personale che mi attanagliavano le viscere.
 

Sia chiara una cosa. Le perplessità erano essenzialmente riconducibili al tipo di spettacolo acustico che era stato proposto, ad una scelta per me poco comprensibile delle canzoni in set list (potendo May contare su un repertorio, anche da solista, tra i migliori al mondo) e alla presenza scenica e canora di Kerry Ellis, tanto deliziosa nel ruolo di protagonista di WWRY musical, ma da valutare, anche dal vivo, con un repertorio più pop o rock.
 

E mentre mi queste perplessità mi divoravano, il giorno del concerto è arrivato.
Lo show è stato preceduto da un incontro privato con Brian May, a cui ho partecipato(grazie al supporto logistico di Eleonora, che mi ha permesso di arrivare a Milano per tempo. Speriamo che i Tutor della Milano-Venezia siano altrettando adorabili) unitamente ad una ventina di fan. May si è dimostrato ancora una volta gentile e disponibile come del resto lo è sempre stato negli ultimi anni, anche se l'impressione che ho avuto appena comparso sul palco, è stato quello di avere di fronte un uomo invecchiato e stanco; il tutto complice anche il fatto di aver effettuato cinque concerti in cinque giorni.
Una sensazione un po' triste, lo ammetto.

 

Terminato l'incontro con May e in attesa dell'inizio del concerto, è stato bello condividere un po' di tempo con le tante persone che, nel corso della mia carriera di fan, ho incontrato sulla mia strada, compresi anche coloro che ho conosciuto solo recentemente. Magari vi avessi incontrato prima!
E' stato bello rivedervi, amici! 

 

Tornando allo show, l'ho seguito attentamente dalla nona fila. Non vicinissimo ma a distanza ottimale per avere una visione d'insieme dello spettacolo. 
Ho apprezzato notevolmente l'intimità che si è creata, nonostante l'auditorium non fosse poi così piccolo. E' inutile negarlo: Brian May in questa forma di spettacolo si diverte e suona con piacere (cosa che però ho sempre percepito anche nei dieci concerti che gli ho visto fare a nome Queen. Sono fesserie le voci che lo vogliono annoiato con i Queen e felice solo con la Ellis).

 

Kerry Ellis non devo scoprirla io, ovviamente, nemmeno possiedo alcun titolo per commentare la sua esibizione; ha una voce notevole e va riconosciuto, anche se forse ancora un po' troppo impostata ed adattata ad un repertorio più musical. Ma sicuramente l'ho trovata a suo agio nelle canzoni proposte che evidentemente sono state scelte appositamente per lei.
Ma la scaletta...no, la scaletta non mi ha convinto molto...troppe cover e solo alcune canzoni dei Queen...quest'ultime, sempre le solite. Spesso tra fan ci si augurava un set acustico davanti ad una platea 'selezionata', in modo da poter offrire canzoni dei Queen insolite o in chiave diversa e questo poteva essere il contesto ideale. Purtroppo non è andata così ed è stata un'occasione persa.
Lo show inoltre, a mio avviso, ha patito anche una certa fiacca nel suonato, nel senso che la maggior parte delle canzoni sono state suonate tutte alla stessa maniera, voce, chitarra acustica e tastiera di accompagnamento. A mio avviso mancava un po' di grinta e un po' di ritmo, che magari avrebbe dato un percussionista o anche un bassista...che invece non c'erano.
L'arrangiamento dei brani quindi è stato un po' troppo scarno e lento ed è questo, a mio modesto parere, il limite di questa esibizione o di questo genere di spettacolo.
La prova di ciò? Beh, semplice. L'auditorium ha seguito lo show quasi in silenzio, con il freno a mano tirato, a parte qualche momento di maggior vitalità durante canzoni come Somebody To Love e Love Of My Life (canzone che, e mi tirerò addosso le critiche di tutti, ha fatto forse il suo tempo) mentre è esploso in un boato quando Brian ha imbracciato la Red Special e ha intonato qualche nota nello stile che lo ha reso famoso (penso al riff di Tie Your Mother Down).

 

Evidentemente, il rock fa sempre una presa diversa.
 

Tornado alle perplessità sullo show acustico, l'unplugged che Brian registrò nel 1998, a supporto di Another World, fù tutt'altra cosa e resta, a mio avviso, la sua prova migliore in ambito acustico...ascoltare per credere, rimarrei sorpreso se qualcuno preferisse il set acustico con Kerry a questo.
Detto questo, lo show è stato decisamente gradevole e purtroppo, troppo breve.
Ma è stato un bello spettacolo, su questo nessun dubbio. Mi permetto di pensare, e di far notare, senza la presunzione di voler avere ragione, che l'entusiasmo che ho letto in merito a questi concerti sul web, sia frutto anche dell'entusiasmo per tanti di aver visto per la prima volta May dal vivo. Probabilmente non sarà così, ma letti i commenti raccolti di chi invece May lo ha già visto svariate volte, sono portato a crederlo.

 

Alla fine, che dire...concerto piacevole, con May stanco ma che con la chitarra in mano vale sempre il prezzo del biglietto. L'ho trovato invece in difficoltà da punto di vista vocale ed infatti ha cantato poco (e non benissimo). Temendo che in alcune canzoni esagerasse un po', Kerry Ellis invece mi è piaciuta, molto brava e posata
 

Le canzoni migliori sono state Born Free, che ho rivalutato, 39, come sempre e Life Is Real e quella che io continuo a chiamare 'something that glitter'.
The Kissing Me Song, pur nella sua semplicità, è stata piacevole e divertente.
Come canzone meno riuscita invece, sceglierei Tie Your Mother Down, in versione country e troppo, troppo lenta. 

 

Ho molto apprezzato invece il fatto che il Doc abbia dedicato il giusto spazio alle sua battaglie animaliste senza renderle invadenti. Le canzoni individuate e le immagini che le accompagnavano sono state perfette a tale scopo: leoni e tassi ringraziano. Flash Gordon e gli Hawk Men un po' meno.
Sono sicuramente stato felice di avere l'opportunità vedere Brian ancora una volta (ammetto candidamente che io ero al concerto solo per lui) e mi auguro di poterlo rivedere presto, magari però nel contesto diverso che più apprezzo: con  una chitarra elettrica tra le braccia e un batterista della Cornovaglia ad accompagnarlo.

 

Perché, per quanto mi riguarda, Brian May è il chitarrista dei Queen. E io preferisco vederlo li, a suonare la loro musica.
 

L'unplugged, o l'acustico, lasciamolo a Clapton. 

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