Nuovi mercati sono sempre pronti a ricevere ed espandere la fama di un arcinoto gruppo rock come i Queen. In questo caso il Sud America. Specie in Brasile dove giacciono le radici prime del ritmo americano: Africa + Eca De Queiroz = Samba.

La risposta dei quattrocentomila fans per cui i quattro inglesi, non ancora baronetti, hanno suonato, non poteva essere più vibrante.

La presenza stessa dei Queen ha provocato laggiù una rivoluzione. Radio e televisione sudamericane interrompevano continuamente  i programmi regolari per offrire il "notiziario Queen". Ogni volta che i membri dei Queen uscivano per strada, un nugolo di guardie di sicurezza doveva essere ingaggiato per proteggerli dai fans. E, cosa strana (ma non tanto se si pensa che il ritmo imprega la terra stessa del Sud America), i fans non erano solo giovanissimi ma anche distinti signori maturi e brizzolati.

Accadeva anche spesso che gente di ogni età fischiettasse per la strada motivetti dei Queen.

L'invito al gruppo era addirittura dal nuovo presidente dell’Argentina, generale Roberto Viola, e le trattative sono avvenute sotto la sua direzione. Da notare che molti capi conservatori e reazionari, come questo generale, sono molto aperti in musica e sex: due campi innocui che permettono di dimostrare il liberalismo moderno dei capi stessi, senza danneggiare però il colonnato sostanziale del sistema.

Nixon, per esempio, era straordinariamente tollerante e progressista per quanto riguardava le parolacce. Uno dei componenti dei Queen, Brian May, commenta: “c'è un mistero sotto. La completa verità di come siamo giunti in Sudamerica deve essere ancora svelata e forse non lo sarà mai”.

Le preoccupazioni, comunque, in merito al successocol pubblico, sono svanite subito, quando il pubblico stesso cominciò negli shows a cantare in coro le vere hits insieme ai Queen. E a cantarle in inglese.

Proprio non potevo crederci, dichiara il frontman del gruppo, Freddie Mercury, nel momento che essi cominciarono a cantare, sentì che la ci eravamo già stati prima. Cioè non potevamo credere alle nostre. I sudamericani imparare in perfetto inglese? Probabilmente essi non capivo bene cosa dicessero ma la sensazione per noi fu grande, tremenda. 

Sono sicuro che si erano esercitati sui nostri dischi per farci piacere. E piacere ce l'hanno fatto davvero. Tutto il mondo dell’industry stava osservando la nostra prima serata in Sudamerica. E quel cantare in coro la nostra musica era esattamente ciò di cui avevamo più bisogno.

Tuttavia a me piace anche l’elemento rischio. Ci fa suonare meglio. Mi sentivo come i Beatles allo Shae Stadium negli anni sessanta”.

 

 

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La nostra intervista si svolge negli eleganti uffici della Electra-Asylum a La Cianega B1, in Los Angeles sotto l’egida della debba Laura Potkin, subito dopo il tour in Sud America.
Recentemente i Queen hanno composto e prodotto la musica per Flash Gordon di De Laurentis, il produttore che continua tranquillo a risuscitare i fantasmi dell’archivio cinematografico-letterario di tutto il mondo. In questo caso, da quello dei giornali a fumetti.
 
D: Che ne dite del film?
 
Roger Taylor: E’ come un superman per i cadetti dello spazio.
 
Brian May: E’ veramente una big production di fantascienza. Ed è anche divertente. Le situazioni vengono volutamente esagerate e noi abbiamo scritto molte scene.
 
D: altre offerte per musiche da film?
 
Mercury: Si, Varie. Ma ancora aspettiamo che Stanley Kubrick ci avvicini e ci proponga di musicare un suo film. Purtroppo questo non è ancora accaduto.
 
D: I Queen hanno conseguito la loro fama per aver scritto ottime canzoni e per la loro competente preparazione nel lavoro in studio. Passate pertanto molto tempo nello studio stesso?
 
Mercury: Lo studio, per essere sincero, lo odio. Ci sto due ore al giorno durante  la settimane o due d’incisione. E nient’altro. Ci stabiliamo un termine di scadenza da noi stessi ed è più difficile mantenuto ora di quando era il produttore ad imporcelo. Se hai troppo tempo a disposizione puoi… rovinare l’incisione. E’ come con le uova fresche: le compri, le rompi e le mangi. Tutto qui. Non ci arzigoli sopra. Il bello è proprio in questo: nell’affrontare sempre nuovi rischi. Potrei certo rifare Bohemian Rhapsody ma a che scopo? Bo Rhap rappresentò certo un gran pericolo, specie all’inizio della carriera dei Queen. A quel tempo, e anche oggi, l’idea che un single si sei minuti possa essere suonato frequentemente alla radio è una sorta di miraggio. Quello che ha lanciato veramente il brano è stata la sua esecuzione come video-disc. La gente pensò che avevamo impiegato chissà quanto a inciderlo “visivo”. E invece ce la siamo cavata in tre ore.
 
D: E’ vero che color che sanno avevano proposto di fare due canzoni del brano, dividendolo in due?
 
Mercury: Verissimo. Ma gli abbiamo dato ascolto. In Inghilterra il brano è stato proclamato il miglior disco degli ultimi venticinque anni.
 
D: Credete molto alla “visualità” della musica?
 
Roger Taylor: Dello show, non della musica. A teatro, la musica  spettacolo. Nel disco è solo musica. Il disco è pure. Lo show è qualcosa che deve far godere gli occhi oltre che l’udito. Noi non siamo un solista di violoncello classico anche arriva, suona Boccherini e se ne va. No, noi siamo una banda di rock’n’ roll che cerchiamo di porre in azione uno show rock’n’roll e non abbiamo paura di dirlo.
 
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D: La musica segue mode e direzioni. Ogni giorno ne escono delle nuove. Voi Queen quale tendenza proseguite?
 
Brian May: Noi? Tendenze? Niente. A costo di sembrare presuntuosi preferiamo pensare che le mode siamo noi ed imporle sugli altri, anziché seguirle. Tutto questo perché siamo molto self contained (auto sufficienti) e parte perché non siano legati ad alcun particolare paese. Noi non ci sentiamo di appartenere all’Inghilterra o alla scena musicale inglese..
 
D: Ciascuno di voi è un rifinito solista. Perché avete scelto di riunirvi?
 
May: Well, ciascuno di noi è divenuto reciprocamente accompagnatore del materiale dell’altro. Ogni album è il prodotto e la fusione di quattro progetti individuali, con sopra lo stampo dei Queen.
 
D: Ora che il tour Sudamericano è terminato, quali sono i progetti?
 
Mercury: Il ritorno a Monaco per incidere un nuovo album. Abbiamo ancora molto da offrire nascosto nelle maniche.
 
D: La definizione del successo?
 
Taylor: Non è quello che tutti pensano. Quando sei sicuro di averlo raggiunto, ecco avanzare la convinzione che hai bisogno di un altro successo, e poi un altro, e poi un altro. Senza fine. Speriamo solo che le nostre canzoni, né i Queen, stiano per mordere la polvere.
 
Mordere la polvere, mordere la polvere.. Ovviamente le parole di Taylor echeggiano “Another One Bites The Dust” che è stato il single dei Queen numero uno per settimane sia in Inghilterra che in USA. Dove è divenuto il più grosso cross-over pop-rock-rhythm ’n’ blues della storia dell’Electra records.
 
Una sorta di fenomeno nazionale, al punto che si è trasformato in inno ufficiale di battaglia per la squadra di rugby dei Detroit Lions. 
 
Risultato? Quattro dischi d’oro e due di platino. uhm!!!
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Roger, la tua carriera solista è un pericolo per la band? C’è il rischio di separazioni?
 
Taylor: niente separazioni. L’album che si chiama “Fun In Space” contiene molti stili differenti. Forse sarà in certi punti più raunchy (trasandato, sessualmente volgare, lascivo) di quanto i Queen sono soliti presentare; forse non sarà altrettanto raffinato e disciplinato. Il fatto è che ho scritto recentemente tanto di quel materiale che non c’era proprio modo di metterlo tutto in un album con i Queen. E questo è il solo motivo del mio album da solo.
I Queen hanno oggi conseguito una sorta longevità stabile, in cui non è più necessario che la nuova canzone o il nuovo album siano una grande hit. Noi in caso negativo continueremo ad avere una certa posizione nelle chart e nella industry.
 
Mercury: Siamo divenuti sempre più maturi ed esperti negli ultimi tempi. Io, personalmente, ho ridotto le smargiassate del mio modo di vestire e di fare. Quando osservo in qualche video cassetta certi nostri show del passato mi domando se sapevo cosa facessi o volessi sulla scena. In ciascun numero.
 
 
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